Era molto atteso il discorso della premier Meloni al Senato del 18 marzo. Tra tutti i temi trattati nella seduta, Giorgia Meloni si è concentrata prevalentemente sull’aspetto più spinoso. Il Rearm Plan, il piano di riarmo europeo. Una dissertazione di circa 45 minuti accompagnata da critiche e incitamenti. Meloni ha optato per un’esposizione complicata, divisa in 12 punti. «Rafforzare la difesa non vuole dire solo comprare armi». Ha esordito così la premier, il cui obiettivo era quello di mettere la maggioranza d’accordo e di sanare quegli screzi sviluppati trai suoi due vice nelle ultime settimane.
Il discorso
La decisione di dividere il discorso per punti non è stata casuale. Meloni ha parlato di tutto ciò che verrà trattato da domani al Consiglio Europeo. Ha ottenuto tutto il consenso del centrodestra, proprio sul quel punto discusso a lungo da Matteo Salvini e Antonio Tajani. La premier ha ribadito il sostegno all’Ucraina, ma si è detta anche a sostegno «dello sforzo intrapreso dal presidente Trump». Perché secondo lei è «ingenuo pensare che l’Europa possa fare senza il sostegno degli Stati Uniti».
È un tema che sta molto a cuore a Meloni. La premier sottolinea che qualsiasi sforzo bellico aggiuntivo dovrà essere sostenuto da una missione Nato, senza gravare ulteriormente sui portafogli dei cittadini. Meloni è stata cauta. Ha scelto questa via non solo per il riarmo europeo, ma anche sui dazi. «Bisogna lavorare con pragmatismo evitando una guerra commerciale», ha detto riferendosi ai costi aggiuntivi imposti dagli USA. Il 19 marzo si attende la replica alla Camera.
L’esultanza della Lega
Il partito del vice premier Matteo Salvini esce vincente dalle discussioni in Senato. Meloni non ha parlato di riarmo né, tantomeno, di un ipotetico esercito comune europeo. Così i leghisti si sono stretti la mano, mentre Salvini alla seduta non ha proprio presenziato. Si trovava a Varsavia. A seguito dell’incontro il partito ha scritto una nota di ringraziamenti alla premier. «Massimo sostegno a Donald Trump per la pace e per la sicurezza in Italia», cita la parte finale.
Il leader della Lega non c’era. Ma ha comunque ribadito il suo sostegno a Meloni, definendo il suo partito «il collante della maggioranza». Salvini si è spinto oltre. Ha scherzato sulle voci che parlano di attriti tra lui e la premier e si è congratulato per la terminologia utilizzata da Meloni. Non poteva tacere Andrea Stroppa, l’uomo di Musk in Italia. Con un post su X ha detto: «Molto buono il discorso di Meloni». Maggioranza unita, ma l’opposizione?
La proposta del centro sinistra
Il discorso di Meloni è stato, ovviamente, fortemente criticato dalle opposizioni. Che però non si sono trovate coese nel fornire un’alternativa valida. Ogni partito del centro sinistra si è presentato con la propria risoluzione. Nessuna di queste coincide con le altre. Un piccolo successo per il PD di Elly Schlein, che è riuscito a essere unito e a evitare un’ulteriore spaccatura. Il Partito Democratico chiede al Governo di «effettuare una completa revisione del piano di von der Leyen».
L’unico aspetto su cui attacca l’opposizione in un fronte unico è la spaccatura del centro destra. Ma è un discorso contraddittorio. Visto che lo stesso centro sinistra ha portato diverse risoluzioni e l’accordo del PD non è sufficiente a sanare gli animi. Renzi, Calenda, Conte e Schlein sono d’accordo solo su un fronte. Meloni ha scelto Trump e non sta facendo niente per la Nazione, secondo loro.