È il presidente russo Vladimir Putin a decidere sulla tregua di 30 giorni in Ucraina. Una proposta, sollevata in Arabia Saudita da una delegazione americana e accettata di buon grado dal presidente Volodymyr Zelensky. Il presidente USA Donald Trump era stato chiaro, «entrerà in vigore solo se Putin dirà di sì». Il leader del Cremlino ha risposto, ma non come si sperava. «La tregua dovrebbe portare a una pace duratura e affrontare le cause di fondo del conflitto», ha detto Putin. Lo ha fatto sapere all’inviato americano Steve Witkoff in un incontro a Mosca.
Il botta e risposta
Il presidente russo non ha detto di no, ma non è neanche stato chiaro sulle condizioni. Il discorso è iniziato con una lunga premessa. Occasione nella quale ha ringraziato «il presidente Trump per riservare così tanta attenzione alla questione Ucraina». Poi sono partiti i sette minuti di intervento di Putin. Un tempo che il presidente si è preso per chiarire che il protagonista è solo uno: la Russia.
«Il risultato dell’incontro in Arabia Saudita è una decisione presa da Kiev sotto la pressione degli USA». Putin ha iniziato così, ma non si è limitato a questo. Dopo una serie di domande inerenti ai combattimenti e al suo scetticismo nei confronti dei 30 giorni di tregua, si è rivolto direttamente agli Stati Uniti. «C’è molto da discutere, anche con i nostri partner americani. Forse è il caso che io mi senta con Trump», ha concluso.
Il Tycoon non si è fatto attendere. «Sembra promettente ma incompleta la risposta di Putin», ha dichiarato Trump. Per poi proseguire con l’augurio che «la Russia faccia la cosa giusta, altrimenti sarà un momento molto deludente per il mondo». Si attende e si prospetta un incontro tra i due leader.
La preoccupazione di Zelensky
Il presidente ucraino mette in guardia i partner. «Putin non osa dire in faccia a Trump che rifiuta il suo progetto di cessate il fuoco, così impone silenzi per far fallire tutto». Zelensky ha definito le dichiarazioni di Putin come «manipolazioni e falsità». Ma il leader dell’Ucraina non può esporsi troppo. L’incontro di Gedda ha sanato le frizioni tra il suo Paese e gli Stati Uniti, non può permettersi un’eventuale marcia indietro degli «amici» americani.
Quella di Zelensky è una visione condivisa dalla maggioranza del popolo ucraino. Soprattutto perché nelle ultime settimane l’esercito del Cremlino ha diffuso ulteriori immagini di massacri sui soldati ucraini nella regione del Kursk. A Zelensky serve un appoggio e un cessate il fuoco. È per questo che nel suo discorso alla nazione il presidente ringrazia i partner europei e ribadisce di «accettare in toto le condizioni americane».
I nodi del trattato
Il quadro è complesso. Da una parte l’Ucraina dice sì alla tregua di 30 giorni per sanare i rapporti con gli USA. Dall’altra parte la Russia non vuole rinunciare alle ragioni della guerra partita nel 2022: fare dell’Ucraina uno Stato vassallo. Per ora Zelensky ha avuto ciò che voleva, visto che sono ripartiti gli aiuti americani, essenziali per la protezione del confine.
La risposta del Cremlino complica le cose perché costringe Zelensky a rimarcare che le cause della guerra non sono ucraine. Putin tentenna perché vuole evitare un possibile riarmo degli avversari in questi 30 giorni. Ma vuole anche sottolineare la necessità di avere delle condizioni chiare per la pace.