Il 12 marzo, il Consiglio UE ha dato il via libera al Libro bianco sulla difesa, un documento strategico che conferma il sostegno a Kiev e segna l’inizio della fase di RearmEU. L’Aula di Strasburgo ha approvato il testo con 419 voti favorevoli, 204 contrari e 46 astensioni, ma nel voto l’Italia ha mostrato divisioni profonde, sia nella maggioranza che nell’opposizione.
Fratture nel governo
La coalizione di governo si è divisa in tre blocchi: Forza Italia ha votato compatta a favore, la Lega ha detto “no” all’unanimità, mentre Fratelli d’Italia ha scelto l’astensione.
Il partito di Giorgia Meloni è in difficoltà da giorni, stretto tra il sostegno a Kiev e il rapporto con Donald Trump, sempre più critico verso Zelensky. La risoluzione in Aula, infatti, non si limitava a ribadire il supporto all’Ucraina, ma rappresentava anche una presa di distanza dalla nuova linea della Casa Bianca. Un compromesso difficile da accettare per FdI, che ha preferito non prendere una posizione netta.
Carlo Fidanza, capogruppo del partito a Strasburgo, ha spiegato così la scelta: «È la prima volta che non votiamo a favore di una risoluzione sull’Ucraina, ma questa era diventata un attacco agli Stati Uniti più che un sostegno a Kiev».
A creare ulteriore tensione è stato poi l’emendamento presentato da FdI per cambiare il nome del piano da “RearmEU” a “Defend Europe”, nel tentativo di dargli una connotazione più difensiva. Un’idea condivisa da tutte le forze politiche italiane, che infatti hanno votato compatte a favore.
Rearm EU e il Pd
Altro discorso quello che riguarda l’approvazione del piano RearmEU. Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno votato a favore, mentre la Lega si è opposta. Ma è il campo delle opposizioni a far discutere. Cinque Stelle e Alternativa verdi e sinistra hanno votato contro, nonostante la maggioranza dei verdi europei abbia votato a favore.
Il Partito Democratico, invece, si è spaccato nettamente a metà: 11 astensioni, come richiesto dalla segretaria Elly Schlein, e 10 voti a favore. Una maggioranza raggiunta per un soffio.
A fare la differenza sono stati tre deputati indipendenti: Marco Tarquinio e Cecilia Strada erano orientati per il “no”, mentre Lucia Annunziata ha inizialmente votato “sì”, salvo poi dichiarare di aver sbagliato pulsante.
Secondo indiscrezioni, Schlein sarebbe furibonda, soprattutto con Stefano Bonaccini, che ha votato “sì” insieme a esponenti di spicco come Picierno, Gori, Tanagli e Decaro. Al contrario, tra i fedelissimi della segretaria si sono allineati Zingaretti, Benifei, Nardella, Ruotolo e Zan.
Il clima interno è teso. Dario Nardella, ex sindaco di Firenze, avrebbe voluto votare a favore ma ha preferito astenersi per non sfiduciare la segretaria. Tuttavia, il malumore cresce e c’è chi parla apertamente della possibilità di un congresso anticipato, con Francesco Boccia pronto a sfidare Schlein per conto dell’ala più critica.
Nel frattempo, l’Unione Europea ha scelto di rafforzare la propria politica di difesa, mentre l’Italia resta impantanata nelle sue divisioni.