
L’isola più grande del mondo va alle urne. Il primo ministro della Groenlandia Mùte Egede ha convocato elezioni anticipate per eleggere il nuovo parlamento nazionale. Un avvenimento che non ha mai avuto grande importanza, ma alla luce della (ri)scoperta di quest’isola del tesoro i groenlandesi sono al centro di importanti dinamiche geopolitiche.
Le elezioni in Groenlandia
I 50mila elettori sono chiamati ad eleggere i 31 membri della camera fra i cinque partiti principali. Ad ora la maggioranza dei seggi è al partito Inuit Ataqatigiit del primo ministro (12 seggi), un partito di sinistra favorevole all’indipendenza dalla Danimarca. Il partito governa insieme ai socialdemocratici di Siumut che hanno 10 seggi. All’opposizione ci sono il partito di centro Naleraq, i Democratici, e Atassut, legato al partito danese Venstre. La campagna elettorale in Groenlandia è limitata dal meteo proibitivo. I manifesti vengono esposti solo gli ultimi giorni di campagna. Anche raggiugere tutti i luoghi del paese è complesso e costoso. C’è il rischio di rimanere bloccati in un posto per più giorni. Per questo i social sono un asset importante e possono far risalire nei sondaggi il partito Naleraq. Infatti l’influencer più popolare dell’isola, Qupanuk Olsen si è candidata per il partito di centro che ora è accreditato del 17% dei voti. Tuttavia i sondaggi favoriscono ancora Inuit Ataqatigiit (31%). A spostare l’ago della bilancia sarà soprattutto il tema dell’indipendenza dalla Danimarca.

Il fattore indipendenza
La Groenlandia è legata a Copenaghen nonostante abbia, dal 1979, la possibilità di eleggere il primo ministro. La Danimarca prende per l’isola decisioni di affari esteri, difesa e politica monetaria, oltre a sostenerla con un sussidio da 580 milioni di euro annui. La Groenlandia è infatti costituita per l’80% da ghiacci permanenti e gli abitanti (poco meno di 60mila) sono perlopiù concentrati nella capitale Nuuk. L’attuale governo ha incaricato una commissione speciale di definire le condizioni di indipendenza. È dal 2009 che la popolazione si è schierata in favore dell’autogoverno. Tuttavia bisogna fare i conti con i finanziamenti che i danesi garantiscono all’isola. Senza di essi la Groenlandia potrebbe dover stringere accordi con potenze estere.
L’ombra di Trump sull’isola
Le potenze estere dal canto loro hanno iniziato a farsi sentire, primi fra tutti gli Stati Uniti. Il presidente Donald Trump ha affermato di voler prendere il controllo della Groenlandia “in un modo o nell’altro”. Ad allettare gli appetiti del tycoon sono le risorse naturali nascoste sotto le sterminate distese di ghiacci. Le terre rare groenlandesi sono ricche di minerali indispensabili per l’economia high-tech, nonché potenziali giacimenti offshore di petrolio e gas naturale. Inoltre l’isola si trova in una posizione strategica per le rotte marittime dell’atlantico settentrionale. Il deputato danese al Parlamento europeo rispose duramente a Trump: “La Groenlandia non è in vendita”, aggiungendo un insulto all’americano per rinfrancare la sua posizione. La ministra uscente per le Risorse naturali Naaja Nathanielsen ha definito “irrispettose” le parole di Trump, nonché poco chiare: “tutta la nuova retorica statunitense lo è: di cosa si tratta? Che cosa comporta?”. Dubbi mitigati dalla sola fiducia nello scudo Nato: “Un’aggressione verso un paese Nato sarebbe molto strana”. Il primo ministro Egede ha sottolineato: “Non volgiamo essere americani né danesi. Il nostro futuro sarà deciso da noi in Groenlandia”. Si attendono dunque i risultati delle elezioni dalla nuova isola del tesoro.
