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Martedì 11 febbraio la massima autorità giudiziaria iraniana Gholamhossein Ejei ha concesso la grazia alle giornaliste Niloofar Hamedi ed Elaheh Mohammadi. Le donne erano state condannate nell’ottobre del 2023 per aver documentato nel settembre dell’anno precedente la morte di Mahsa Amini, la ragazza curdo-iraniana tenuta sotto custodia della polizia morale per aver violato il codice di abbigliamento della Repubblica Islamica. Hamedi aveva seguito la morte della ragazza dall’ospedale in cui era stata ricoverata, mentre Mohammadi aveva seguito il suo funerale a Saqez.
L’iter giudiziario
Inizialmente Hamedi e Mohammadi erano state condannate rispettivamente a sette e sei anni per la copertura della storia di Amini. Con un’aggiunta di cinque anni per aver agito contro la sicurezza nazionale e a un ulteriore anno di carcere per «propaganda contro la Repubblica islamica dell’Iran». Quindi in totale: tredici anni per Hamedi e dodici per Mohammadi.
A gennaio dell’anno scorso Hamedi e Mohammadi erano state liberate su cauzione dopo diciassette mesi di prigionia. Ad agosto le loro pene erano state ridotte in appello: in particolare, erano state assolte dall’accusa di collaborazione con gli Stati Uniti, mentre le pene per gli altri reati potevano essere scontate insieme.
Anniversario di grazia
La grazia per le due giornaliste è stata concessa in occasione del quarantaseiesimo anniversario della Rivoluzione Islamica in Iran. Gli avvocati delle due donne erano ottimisti per la loro liberazione, visto che i reati di cui erano accusate rientravano tra quelli per cui nel 2023 era stata concessa un’amnistia dalla Guida Suprema Ali Khamenei.
Si tratta di una piccola concessione in un contesto di forte repressione nei confronti di attivisti e giornalisti. Fino al novembre 2022 si contavano oltre trentatré giornalisti iraniani arrestati per reati quali la «propaganda contro il regime» e la «diffusione di notizie false» relative al caso Amini.
L’8 gennaio scorso, la Corte suprema di Teheran ha confermato la condanna a morte per Pakhshan Azizi, l’attivista curda per i diritti delle donne, arrestata nel 2023 con l’accusa di «ribellione armata contro lo Stato». A gennaio, 68 prigionieri politici hanno lanciato l’allarme sulla pena di morte in Iran: solo nel 2024 nel Paese sono state eseguite oltre mille condanne capitali.