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METAL PANIC AL PAC DI MILANO: UNA MOSTRA «DIETRO LE QUINTE»

Una mostra «work in progress». Parliamo di METAL PANIC, esposizione realizzata da Marcello Maloberti al PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano. Essa è sia una dichiarazione d’amore alla città di Milano sia un libro in cui l’artista racconta se stesso e il suo percorso creativo. Lo spettatore viene così accompagnato in un tragitto che va dagli esordi di Maloberti negli anni Novanta alla contemporaneità, con opere pensate proprio per la mostra al PAC.

Un cantiere contemporaneo

L’idea alla base della mostra è di creare una sorta di backstage. Utilizzando attrezzatura e materiali da cantiere, Maloberti dà al pubblico la sensazione di «stare tra le cose» con un cantiere contemporaneo. L’artista utilizza elementi della realtà urbana, trasformati in opere grazie al suo estro neorealista, per realizzare un percorso straniante e sorprendente per il pubblico. Cartelli stradali, installazioni luminose, opere video e fotografie si uniscono in una narrazione inedita che intreccia i topic salienti della poetica di Maloberti. Tra essi, il focus sui cambiamenti dei paesaggi circostanti, l’uso poetico della parola scritta e la sacralità del quotidiano, percepito come insieme di relazioni umane.

L’opera “Incipit” esposta al Pac di Milano
Le opere al PAC

Maloberti sfrutta gli elementi stradali per lanciare messaggi politici e simbolici. Per esempio, in “INCIPIT” ribalta il cartello stradale che segna l’ingresso nella città di Milano, creando un collegamento con il corpo a testa in giù di Benito Mussolini, esposto in Piazzale Loreto il 29 aprile 1945. Snaturalizza poi oggetti ritenuti pericolosi. Con “CHANCE DI UN CAPOLAVORO”, Maloberti pone alla fine delle forbici due piume d’oca bianche, rendendo lo strumento innocuo. Nell’opera video “METAL PANIC”, invece, viene mostrato un uomo che utilizza le canne di un fucile come strumento musicale. Un escamotage che Maloberti propone per spiegare come l’arte ha la forza di trasformare ogni elemento, cambiandone le funzioni. E non poteva mancare una riflessione sulle parole. Con “MARTELLATE”, infatti, l’artista presenta un lavoro realizzato in più di 30 anni: otto scritte al neon che racchiudono slogan o aforismi legati alla sua poetica.

“Martellate” di Marcello Maloberti
L’omaggio a Pasolini

Lo spettatore entra anche nell’intimità di Maloberti con fotografie di famiglie che ritraggono la madre e la nonna. In questo spazio, l’artista fa esplodere la memoria personale, ma anche le sue radici e la sua appartenenza culturale e territoriale. Per esempio, con “PETROLIO” avvicina lo spettatore alla sua formazione poetica. L’opera è un omaggio all’omonimo romanzo di Pier Paolo Pasolini. Sul pavimento vengono allineati libri aperti nell’esatta metà da un coltello, usati come segnalibri. Un simbolo che racchiude in sé il potere della conoscenza, l’allegoria del tempo e l’allusione alla mortalità.

Tra passato e presente

Il percorso si comprende se si guarda alla nascita e all’evoluzione dell’artista, immerso nei linguaggi innovativi degli anni Novanta. Dai suoi predecessori Maloberti ha appreso lezioni importanti, quali l’insistere su temi politici e sociali usando simboli, coinvolgere il pubblico nel processo creativo e superare i confini disciplinari. A ciò si sono aggiunti gli studi di Luciano Fabro, maestro dell’Arte Povera e mentore di Maloberti. Insegnamenti, quelli di Fabro, che hanno permesso all’arista di cogliere ciò che sembra sfuggire allo sguardo comune e di sfruttare ogni tipo di materiale, nonostante la “povertà” della materia prima.

Una mostra libera

METAL PANIC non è solo una mostra fuori dai classici canoni artistici a cui il pubblico è abituato, ma vuole essere una riflessione sul modo in cui ognuno di noi guarda la realtà. Maloberti spinge lo spettatore a non fermarsi alle apparenze e osservare da un punto di vista inedito ciò che ci circonda nella quotidianità. Perché proprio nella semplicità si può trovare un lato nuovo e creativo, mai esplorato prima. Inoltre, pur riprendendo lavori passati, l’artista sottolinea che non è una retrospettiva e non vi è un messaggio singolo dietro ogni opera. «Non mi piace ripetermi. Ciascuno ci vedrà qualcosa di diverso. Io non affermo, nemmeno suggerisco. La mia mostra non è concettuale, ma libera».

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