Nel corso della sua informativa del 5 febbraio, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha sollevato alcuni punti formali che ha ritenuto invalidassero il mandato d’arresto (non eseguito) nei confronti del generale libico Osama Almasri, ma le obiezioni formulate non bastano per rendere nullo l’atto disposto dalla Corte penale internazionale. L’inadempienza ha attirato al Guardasigilli un’accusa di omissione di atto d’ufficio da parte della Procura di Roma, ma negli ultimi giorni si è parlato anche di una possibile indagine avviata dalla Corte penale internazionale.
Denuncia non vuol dire indagine
Secondo quanto riportato giovedì dal quotidiano Avvenire, un cittadino sudanese vittima delle torture del comandante libico avrebbe presentato alla Cpi una denuncia nei confronti del ministro Nordio, reo di non avere eseguito il mandato d’arresto nei confronti di Almasri. Fonti da Palazzo Chigi hanno però fatto sapere che non esiste alcun procedimento aperto contro l’Italia dalla Corte penale internazionale.
Alla notizia sulla presunta indagine, il ministro Nordio ha replicato: «Credo che a questo mondo tutti indaghino un po’ su tutto. Noi abbiamo fiducia nella giustizia umana. Postulo la giustizia divina proprio perché la giustizia umana spesso è fallibile, ma accontentiamoci di quella che abbiamo e vediamo come va». Posizione condivisa dal ministro Antonio Tajani, che attacca: «Ho molte riserve sul comportamento della Corte su questa vicenda. Forse bisogna aprire un’inchiesta sulla Corte penale, bisogna avere chiarimenti su come si è comportata. Comunque confermo, l’atto inviato all’Italia era nullo, condivido al 100% quello che ha detto il ministro Nordio».
In linea con la sua posizione, il ministro Nordio – secondo ANSA – potrebbe nei prossimi giorni formalizzare alla Corte penale internazionale una richiesta di spiegazioni sulle incongruenze nelle procedure attivate per il mandato di arresto del generale libico Almasri.
Un antefatto problematico
La gara di accuse reciproche tra maggioranza, opposizione, governo e Corte penale internazionale non si corre su un rettilineo. Del tracciato si conosce bene l’inizio: l’evento scatenante è il rimpatrio del generale libico Osama Almasri, spesso indicato come “il torturatore” per i crimini di guerra commessi nel suo Paese. A disporre l’espulsione di Almasri è stato il ministro della Giustizia Nordio, secondo il quale il mandato di cattura della Corte penale internazionale pendente sul libico avrebbe presentato degli errori che impedivano la convalida dell’arresto.
Il 5 febbraio, in un’informativa in Parlamento, Nordio ha giustificato così il suo comportamento: «Il ruolo del Ministro non è semplicemente quello di organo di transito delle richieste che arrivano dalla Corte, non è un passacarte», rivendicando una certa facoltà di discernimento circa i fascicoli provenienti dalla Corte. Tuttavia, sebbene l’azione di Nordio sia stata motivata sulla base di un errore “procedurale”, secondo il lavoro di fact-checking condotto da Pagella politica, il ministro della Giustizia non ha comunque titolo per sindacare sui mandati della Corte.
A questo proposito, lo Statuto di Roma, che nel 2002 ha istituito la Corte penale internazionale, è molto chiaro. All’articolo 59 si legge che «lo Stato Parte che ha ricevuto una richiesta di fermo, o di arresto e di consegna prende immediatamente provvedimenti per fare arrestare la persona». Allo Stato di detenzione spetta di verificare l’identità della persona, la validità della procedura di arresto e il rispetto dei diritti dell’arrestato. Inoltre, prosegue lo Statuto, «la persona arrestata ha diritto di chiedere all’autorità competente dello Stato di detenzione preventiva la libertà provvisoria», ma questa può essere concessa solo in «circostanze urgenti ed eccezionali» e solo «se sussistono le garanzie che permettono allo Stato di detenzione di adempiere al suo obbligo di consegnare la persona alla Corte».
La Corte penale internazionale
Fondata nel 2002 con sede all’Aja, in Olanda, la CPI è un tribunale per crimini internazionali, come il genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. La sua regolamentazione dipende dallo Statuto di Roma, che ne definisce la composizione, la funzione e il rapporto con le varie istituzioni governative e non. Per esempio, la CPI agisce per gli Stati, nel caso essi non vogliano o non possano punire crimini internazionali. L’avvio di un procedimento contro uno o più individui può avvenire se il procuratore o uno Stato firmatario dello Statuto di Roma (o un membro del Consiglio di Sicurezza ONU) decide di muovere un’accusa.