Dall’Albania terzo semaforo rosso per Giorgia Meloni. Il 31 gennaio, la Corte d’appello di Roma non ha convalidato il trattenimento dei 43 migranti detenuti nei centri di Gjader, rinviando il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Una questione di principio
Lo schema è lo stesso degli ultimi due trasferimenti. La Corte d’appello ha seguito la strada tracciata dal Tribunale di Roma, ovvero il rinvio del caso alla CGUE in Lussemburgo. Come nei due casi precedenti, i magistrati hanno ritenuto che i Paesi da cui provengono i migranti non sono considerabili sicuri alla luce della sentenza.
Il provvedimento a cui hanno fatto riferimento (4 ottobre 2024) stabilisce che possono essere considerati come sicuri solamente i Paesi in cui è presente una situazione di sicurezza diffusa in tutto il territorio, per tutte le persone che ci vivono e che la qualifica debba essere verificata caso per caso dai giudici. Cosa non reputata tale per Bangladesh ed Egitto, Paesi da cui provengono buona parte dei migranti portati in Albania.
La decisione riguarda il trattenimento dei migranti, non è coinvolta la richiesta d’asilo, già respinta il 30 gennaio ma avranno quattordici giorni di tempo per presentare il ricorso.
I migranti trasferiti negli ultimi giorni dalla nave della marina militare Cassiopea erano 49. Sei di loro erano già stati riportati in Italia mentre i restanti 43 non hanno superato le procedure di identificazione e gli esiti degli esami medici sostenuti nell’hotspot.
Quattro sono risultati minorenni, mentre altri due adulti classificati come vulnerabili. Infatti, solo gli uomini maggiorenni non vulnerabili e provenienti da Paesi sicuri possono essere trasferiti negli hotspot del governo in Albania.
Ora, la palla è nelle mani della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La sentenza della CGUE è prevista per il 25 febbraio. Appuntamento fondamentale per Giorgia Meloni, uno stop definitivo al modello Albania sarebbe un duro colpo per la maggioranza a guida Fratelli d’Italia.