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Il governo ci riprova con l’Albania, ma 5 migranti tornano in Italia

Sono già di ritorno in Italia cinque dei quarantanove migranti sbarcati la mattina del 29 gennaio nel porto di Shengjin, in Albania. Lo screening  dell’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) nell’hotspot ha identificato quattro di loro  come minorenni e il quinto, maggiorenne, come persona vulnerabile. I restanti quarantaquattro sono in buone condizioni e oltre la maggiore età. Si tratta di  36 bengalesi e 8 egiziani che sono stati trasferiti nel centro di Gjader in attesta della decisione della Corte d’appello di Roma. Le toghe sono state investite al posto della sezione immigrazione del tribunale, giudicata come ostile,  sulla convalida del trattenimento.

Il modello ancora in bilico

Il modello Albania riparte, dunque, dopo due mesi di stop. È il terzo trasporto di migranti dopo i due di ottobre e novembre, quando i richiedenti asilo vennero riportati in Italia sotto decisione del tribunale di Roma che ne aveva bocciato il trattenimento.

I giudici avevano scelto di rinviare la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulla base della sentenza del 4 ottobre 2024. Il provvedimento della CGUE, infatti, stabilisce che possono essere considerati come sicuri solamente i Paesi in cui è presente una situazione di sicurezza diffusa su tutto il territorio. Il risultato è stata la liberazione dei richiedenti asilo provenienti da Bangladesh ed Egitto, con la conseguente  scelta del governo di varare un decreto legge contenente una lista di Paesi sicuri per contrastare la decisione della magistratura.

Una foto dei centri per migranti di Schengjin, in Albania.

La decisione finale, ora, spetta ai giudici in Lussemburgo, la sentenza è prevista per il 25 febbraio. Nonostante ciò, il governo ha avviato nuovamente l’operazione Albania.  Una risposta all’aumento degli sbarchi nell’ultimo periodo, pari al 136% in più rispetto allo scorso anno: 1264 arrivi nell’ultima settimana e 3074 dall’inizio dell’anno.

Questa volta, le perdite rispetto agli altri due viaggi sono inferiori: sono solo cinque. Ora, però, c’è un problema in più. A valutare le condizioni sanitarie dei richiedenti asilo non ci sono stati i medici dell’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, ma il personale medico della marina militare. Un iter che  difetta di garanzie di terzietà.

Il governo, però, è fiducioso. Innanzitutto, non ci saranno più le toghe della sezione immigrazione che in precedenza avevano sospeso la convalida del trattenimento. Il 19 dicembre scorso, la Cassazione, infatti, ha riconosciuto all’esecutivo il diritto di stabilire un regime differenziato nelle domande di asilo per che proviene da Paesi sicuri. Tradotto, il giudice non si può sostituire al ministro degli Esteri. Potrà però valutare se la designazione è legittima e disapplicare il decreto sui Paesi sicuri caso per caso.

Ettore Saladini

Laureato in Relazioni Internazionali e Sicurezza alla LUISS di Roma con un semestre in Israele alla Reichman University (Tel Aviv). Mi interesso di politica estera, politica interna e cultura. Nel mio Gotha ci sono gli Strokes, Calcutta, Martin Eden, Conrad, Moshe Dayan, Jung e Wes Anderson.

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