Gran parte della popolazione del Congo è stata chiusa dentro casa per due giorni. Il 29 gennaio la città di Goma è passata quasi completamente nelle mani dei ribelli del gruppo M23. L’avanzata del gruppo paramilitare in una città come Goma, posizionata in luogo strategico grazie alla ricchezza minerale del territorio, non è stata casuale. I due giorni di combattimenti intensi tra le milizie e l’esercito congolese è costato la vita a più di 100 persone. Ma, fa sapere la Croce Rossa Internazionale, i morti in strada non si contano quindi è difficile avere una stima precisa.
Nelle mani dei ribelli
L’aeroporto di Goma, l’ospedale e le ambasciate. Questi sono solo alcuni dei luoghi presi dalle milizie M23, in soli due giorni. Pare che i ribelli non si vogliano limitare a controllare solo i depositi minerari della città. Ma sembra che il gruppo paramilitare voglia ottenere il dominio completo su Goma. È stato saccheggiato il magazzino della Croce Rossa Internazionale. È a rischio il laboratorio sull’ebola. Gli ospedali sono inaccessibili e sta diventando sempre più complicato offrire assistenza ai feriti.
Poi ci sono le ambasciate. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani fa sapere che l’ambasciata italiana non è ancora stata toccata. Sono state colpite quelle di Francia, Belgio e Stati Uniti. Tutta l’Europa ha gli occhi puntati sul Congo. Tanto che la Germania ha deciso di interrompere e bloccare gli aiuti allo Sviluppo che forniva da anni alla Repubblica Democratica del Congo.
Le proteste
Goma si trova nella parte nord-orientale del paese. Dopo l’ingresso dei paramilitari dell’M23, sono esplose proteste violentissime nella capitale Kinshasa, situata nella zona occidentale del Congo. La popolazione non sta solo manifestando contro l’appoggio del Ruanda ai miliziani. Ma si sta ribellando contro il presunto appoggio della comunità internazionale sia al Ruanda sia all’M23.
I primi a intervenire sono stati i francesi. Il ministro degli Esteri francese, Jean-Noel Barrot, ha definito inaccettabile l’attacco e i disordini che stanno esplodendo in Congo. Tutta la comunità internazionale sta chiedendo il rientro della crisi. Il ministro della Comunicazione congolese, Patrick Muyaya, ha chiesto alla popolazione di portare avanti proteste pacifiche.
Il coinvolgimento del Ruanda
Il gruppo paramilitare M23 ha il completo appoggio del vicino Ruanda. La motivazione è storica e pone le sue radici nella guerra civile del 1994, dove si vide una pulizia dell’etnia hutu da parte dei tutsi. In quell’occasione gli autori dei massacri si rifugiarono in Congo, infatti l’M23 è composta da miliziani dell’etnia tutsi. Sostengono di essere intervenuti in favore degli Hutu. Poi c’è la questione della gestione delle miniere di coltan sopra alla città di Goma.
È una situazione che in realtà va avanti da più di due anni e la popolazione congolese è esausta. E attribuisce delle responsabilità anche alla comunità internazionale, accusata di essere troppo lasciva nei confronti del Ruanda. Infatti, sia la Francia sia altri paesi europei sono ormai due anni che continuano a siglare contratti di aiuti con il Ruanda. Ma c’è di più, perché il Ruanda ha inviato più di 4mila soldati al gruppo paramilitare M23.