In un mondo sempre più multietnico e ormai figlio della globalizzazione si sta facendo avanti un fenomeno preoccupante: l’estinzione delle lingue. Oggi se ne parlano settemila, ma ogni anno ne perdiamo nove. UNESCO lancia l’allarme: «A fine secolo ne avremo la metà».
I numeri che preoccupano
Un futuro privo di patrimoni culturali, tradizioni e ricordi. Questo è quanto minaccia la tendenza della diversità linguistica, in netto peggioramento. Fino a qualche anno fa si estingueva una lingua ogni tre mesi; dal 2019 ad oggi ne scompare una ogni 40 giorni. Da qui UNESCO stila la media di nove all’anno. Attualmente sono settemila le lingue parlate nel mondo, compresi dialetti, idiomi di varia natura e lingue ufficiali. Tra le varie iniziative, UNESCO ha pubblicato l’Atlante delle lingue in pericolo, un documento contenente tutte le informazioni sul grado di rischio estinzione di circa 2500 lingue nel mondo e nei paesi in cui vengono parlate. Ogni utente del portale ha, inoltre, la possibilità di inserire dati, commenti e informazioni.
L’impegno di UNESCO: salvare la diversità linguistica
Secondo UNESCO, circa il 40% delle popolazioni non ha accesso all’istruzione nella propria lingua madre. Diversi paesi si sono mobilitati per preservare la diversità linguistica a livello globale, a partire dal Bangladesh, grazie al quale nel 1999 la Conferenza Generale dell’UNESCO introduce la Giornata Mondiale della Lingua Madre. La Giornata si celebra il 21 febbraio di ogni anno, per commemorare il massacro di alcuni studenti del 21 febbraio 1954 per mano della polizia a Dacca, mentre manifestavano per il riconoscimento del bengalese come una delle due lingue ufficiali dell’allora Pakistan.
Nel 2022 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclama gli anni dal 2022 al 2032 Decennio Internazionale delle Lingue Indigene. Questo Decennio si propone di aumentare la consapevolezza dell’importanza del multilinguismo per lo sviluppo sostenibile e per la costruzione della pace. L’obiettivo è preservare, rivitalizzare e promuovere le lingue indigene, usarle in ambito socio-culturale, economico, ambientale e politico per garantire pace, giustizia, sviluppo e riconciliazione nelle nostre società. Sono quattro le sfide principali da compiere entro il 2032. In primis, le popolazioni indigene devono avere la possibilità di imparare, insegnare e trasmettere le loro lingue alle presenti e alle future generazioni. Le lingue indigene dovranno rientrare nelle priorità globali ed essere riconosciute e tutelate dagli Stati Membri all’interno dei loro sistemi legali. Infine, si dovrà sviluppare un ambiente pienamente operativo, che possa intensificare l’uso delle lingue indigene in diversi ambiti.
Il caso italiano
Anche in Italia esistono alcune minoranze linguistiche, tra le quali dodici «Minoranze Linguistiche Storiche» tutelate da una normativa, la Legge 15 dicembre 1999 n. 482. Nel corso della storia, diverse culture di lingua non italiana si sono insediate e integrate sul territorio nazionale, fino a diventare una parte essenziale della nostra identità complessiva. Molte di queste minoranze intrattengono ancora oggi legami fortissimi con i loro luoghi di origine e ne utilizzano la lingua. Friulano, sardo e ladino le più note, fino al francoprovenzale, i dialetti galloitalici o alto italiani e al tabarchino. Quest’ultima una varietà linguistica di origine ligure diffusa oggi in due centri della Sardegna meridionale, trasferita nel Settecento da coloni dell’Africa settentrionale.