Rapporto Save the Children, “emergenza migranti bambini”

Negli ultimi dieci anni, 127.662 minori stranieri sono arrivati in Italia, via mare, completamente da soli, senza nessuno ad accompagnarli. In media, si contano 11.600 arrivi all’anno. Non solo adolescenti e preadolescenti, ma anche tanti bambini. Sono questi i dati sconvolgenti emersi dall’ultimo rapporto, dal titolo “Nascosti in piena vista”, pubblicato da Save the Children in occasione della celebrazione della Giornata del migrante.

Il rapporto

Ormai giunto alla sua quarta edizione, “Nascosti in bella vista” è il report annuale che l’Onlus stila, per mettere in luce le problematiche legate alle precarie condizioni di vita e al futuro dei migranti di minore età che arrivano in Italia. Per loro, le difficoltà non si limitano al viaggio in mare, durante il quale, nell’ultimo decennio si stima un totale di 1.214 minori dispersi o annegati. Anzi, continuano nel Paese che li ospita e che dovrebbe prendersene cura. Soprattutto, una volta compiuti i 18 anni. È proprio questo il punto focale dello studio di quest’anno.

«I minori stranieri che giungono soli in Italia devono poter […] crescere in un ambiente fatto di amicizie, relazioni e sostegno» ha dichiarato Antonella Inverno, responsabile ricerca e analisi dati di Save the Children. E ha aggiunto: «Tuttavia, se le prime fasi dell’arrivo e dell’accoglienza in Italia non consentono loro un supporto adeguato, il rischio è che ai 18 anni il percorso verso l’autonomia venga di fatto interrotto bruscamente».

Una situazione che riguarda il 75% dei minori stranieri non accompagnati (MSNA) presenti sul territorio italiano. Infatti, su 19.215 ragazzi presenti nei centri di accoglienza, i tre quarti hanno 16 e 17 anni, mentre il 13,66% è di età compresa tra 7 e 14 anni e solo l’1,65% è nella fascia 0-6 anni. Di questi, la maggior parte è di sesso maschile (87,70%) e la provenienza è varia: Egitto, Ucraina, Gambia, Tunisia e Guinea.

Il rapporto pubblicato da Save the Children
L’accoglienza

«A fare la differenza è infatti la qualità dell’accoglienza, che andrebbe prevista presso una famiglia affidataria o in una struttura dedicata. Troppo spesso, invece, i minorenni soli restano per mesi in grandi centri privi di opportunità – una situazione che al 30 settembre 2024 riguardava più di un minorenne su 4» ha affermato Antonella Inverno.

In Italia, nel 2017, è entrata in vigore la legge 47, che fissa i pilastri di una buona accoglienza. Tuttavia, non è sempre rispettata. Proprio per questo, lo Stato è stato condannato per ben tre volte dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu).

Il primo elemento fondamentale è l’accertamento dell’età, anche se è alto il rischio che i ragazzi vengano scambiati per adulti, sol perché più alti della media. Ciò implica l’inserimento nella “procedura accelerata“, ovvero la possibilità di rimpatrio, solo perché provenienti da un Paese ritenuto sicuro. A seguire, altri due passaggi chiave: lapertura della tutela e il primo rilascio del permesso di soggiorno. Iter troppo lungo, che impedisce ai giovani di accedere al lavoro, alla sanità pubblica e alla formazione. Per questo, risulta vitale la figura di un rappresentante legale, che vigili sul rispetto dei diritti del minore. Secondo la normativa vigente, a ogni ragazzo o bambino spetta un avvocato, ma la realtà è tutt’altra. Di solito, è il tutore pro-tempore della comunità di accoglienza a ricoprire l’incarico per tanti giovani.

Il ruolo dei centri

Dal 2022, nei tribunali, hanno iniziato a riempirsi gli elenchi di tutor volontari: 3.783 in tutta Italia. Numero cresciuto nel primo semestre del 2024, quando sono stati contati 1.458 iscritti solo a Palermo. Nello stesso periodo è stato richiesto il maggior numero di permessi di soggiorno per minori: 11.449.

Un dato che infonde speranza, anche se le criticità sono ancora tante. Circa un minore su due, a giugno 2024, è stato accolto in strutture di seconda accoglienza, mentre la restante parte è stata ospitata in centri di accoglienza straordinaria o in altre strutture emergenziali. Qui vengono garantiti solo i servizi di base, che non comprendono il supporto psicologico. L’accesso all’istruzione, poi, è complesso e, spesso non porta ad alcun risultato per la crescita del minore. Inoltre, per legge, è previsto l’affido familiare, ma raramente la pratica viene conclusa. Sono tutti motivi che spingono i ragazzi ad allontanarsi volontariamente dai centri.

I neo-diciottenni

Al compimento dei 18 anni sono pochi i ragazzi e le ragazze che ottengono dal Tribunale il prosieguo amministrativo. È la possibilità di proseguire il percorso di crescita, continuando ad essere sostenuti dallo Stato fino ai 21 anni di età nell’accesso al mondo del lavoro, negli studi e nella ricerca di una casa. Al 17 ottobre 2024 risultano attivi 1.601 prosiegui.

 «Purtroppo, in molti casi le cose non funzionano così. Tutti gli ostacoli che incontrano dal momento della fuoriuscita dalla struttura di accoglienza […] fanno sì che i ragazzi possano facilmente cadere nelle reti dello sfruttamento, del lavoro nero e della microcriminalità» ha sottolineato Antonella Inverno. E ha concluso dicendo che «perché ciò avvenga, è importante che ognuno faccia la sua parte, fin dal momento del loro arrivo».  

 A cura di Alyssa Cosma

No Comments Yet

Leave a Reply