A Padova il primo trapianto di cuore battente

Per la prima volta al mondo è stato eseguito un trapianto di cuore battente. È accaduto a Padova sotto la guida del professor Gino Gerosa. Le procedure fino ad ora prevedevano che il cuore impiantato fosse fermo e poi venisse fatto ripartire a operazione ultimate, mentre da adesso il battito non si arresterà per tutto l’intervento. Non è la prima volta che l’Ospedale di Padova contribuisce al progresso scientifico.

Il professor Gino Gerosa che ha guidato il primo trapianto di cuore battente a Padova
La prima volta al mondo

Sono sempre più grandi i passi compiuti dalla cardiochirurgia. L’équipe del professor Gino Gerosa all’Azienda-Ospedale Università di Padova, ha eseguito per la prima volta al mondo un trapianto di cuore battente, dal prelievo fino all’impianto nel ricevente. Il paziente trapiantato era un 60enne veneto che in passato aveva sofferto di cardiomiopatia dilatativa a seguito di un’ischemia. Era già stato sottoposto a un intervento per la sostituzione di una valvola cardiaca. Fino al trapianto. Il donatore era un uomo della stessa età del ricevente ed era stato dichiarato cerebralmente morto. «Il cuore è stato fatto ripartire nel corpo del donatore stesso e non è più stato fermato» ha spiegato il professor Gerosa che ha guidato l’operazione. Il cuore ha continuato a battere durante tutto il viaggio (di tre ore, in quanto il donatore non si trovava in Veneto) e durante tutto l’intervento per il trapianto nel ricevente.

L’équipe del professor Gino Gerosa
Il progresso

La procedura tradizionale impiegata fino ad ora per i trapianti cardiaci prevedeva che il cuore venisse fermato per l’espianto dal donatore. Nel caso in cui durante il trasporto venisse utilizzata la macchina per la perfusione ex vivo, il cuore doveva essere fermato nuovamente prima del trapianto e fatto ripartire solo al termine dell’impianto nel donatore. Tuttavia «ogni volta che il cuore si ferma» spiega il professor Gerosa «si verifica un danno dell’organo» da ischemia e riperfusione. Ovvero per un’istante il cuore non è più irrorato dal sangue (ischemia). Quando poi il sangue torna a fluire (riperfusione) può causare danni, come infiammazioni ai tessuti o la formazione di sostanze dannose per le cellule. La nuova procedura, invece permette al cuore di non interrompere mai (o il meno possibile) il suo il battito e riprendere meglio e più in fretta le proprie funzioni a trapianto ultimato. E questo chiaramente consente al paziente un migliore e più rapido recupero post-operatorio.

Un altro record a Padova

Non è però la prima volta che l’Ospedale di Padova detiene un record: era il 14 novembre 1985 e la squadra del professor Vincenzo Gallucci guidò il primo trapianto di cuore in Italia. Il paziente era un falegname veneziano che si trovava in terapia intensiva da oltre due mesi e il cuore gli fu donato un diciottenne trevigiano morto in un incidente stradale. L’intervento durò sette ore e fu un grande passo per la cardiochirurgia. Quasi 40 anni dopo, l’Ospedale di Padova si riempie di lustro ancora una volta spingendo sempre più avanti le frontiere della medicina e migliorando la qualità della vita di tanti pazienti.

A cura di Chiara Balzarini

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