Una serie di video pubblicati su Tik Tok a difesa di un omicida. Questo è quanto mostra il profilo di Manuela Bargnesi, psicologa 43enne, che ha utilizzato il social per parlare del femminicidio di Alessandra Matteuzzi. La donna è stata uccisa a Bologna il 23 agosto 2022 dall’ex fidanzato Giovanni Padovani, condannato all’ergastolo in appello. A seguito di un esposto della sorella della vittima, l’Ordine degli Psicologi ha radiato Bargnesi.
Una presa di posizione controversa
Manuela Bargnesi è nota su Tik Tok per aver parlato, in veste di psicologa, di violenza di genere e relazioni tossiche. Con quasi 90 mila follower, si firma nella biografia del profilo come dottoressa in Psicologia e Consulente Mindfulness. A suscitare scalpore, i video incentrati sul femminicidio di Alessandra Matteuzzi, dove prende le difese del suo omicida definendolo una persona «non violenta» e «un soggetto fragile che non aveva le risorse per affrontare una relazione abusante». Inoltre, Bargnesi aveva avuto modo di conversare con Padovani durante alcuni colloqui tenuti in carcere.
Il provvedimento dell’Ordine
Al termine del procedimento disciplinare avviato dopo un esposto di Stefania Matteuzzi, sorella della vittima, Manuela Bargnesi è stata radiata dall’albo. Secondo il Consiglio dell’ordine regionale delle Marche, ha agito «senza il minimo rispetto per la dignità professionale, violando con il suo comportamento il decoro e rappresentando in maniera deplorevole la professione di psicologo». Le è stata comminata la sanzione più grave per aver violato nove articoli del codice deontologico: dal segreto professionale al principio di responsabilità, facendo esternazioni su Matteuzzi senza averla mai incontrata in contesto clinico e senza mai citare testi o autori.
I social come consultorio
La sentenza disciplinare si è focalizzata soprattutto sull’utilizzo dei social network. «Non può essere una piattaforma social e tantomeno TikTok il luogo deputato per uno psicologo, dove riportare e discutere della propria attività professionale: il decoro e l’immagine stessa della professione risultano così essere profondamente lesi». «Non è ammissibile – prosegue il Consiglio – che la professione possa essere contaminata e veicolata nei social network e ancora più gravi sono i contenuti espressi».