Il Tar della Liguria ha dichiarato illegittimo l’affidamento diretto alla Rai, da parte del Comune di Sanremo, dell’organizzazione del Festival della Canzone Italiana. A partire dall’edizione 2026, sarà obbligatorio procedere tramite una gara pubblica per individuare chi si occuperà dell’evento. Con un comunicato, la Rai ha già annunciato che presenterà ricorso al Consiglio di Stato.
La sentenza
La sentenza, depositata oggi, chiarisce che l’edizione del 2025 si svolgerà regolarmente, poiché i tempi tecnici per organizzare una gara pubblica e affidare l’evento a un nuovo concessionario sono incompatibili con la programmazione per febbraio 2025. Tuttavia, per le edizioni successive, il Comune di Sanremo dovrà aprire la competizione agli operatori del settore interessati. Potranno dunque gareggiare Sky, Discovery, Mediaset e qualunque network interessato.
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Alessandro Mager, sindaco di Sanremo ha così commentato: «È una sentenza inaspettata, articolata e complessa. Insieme ai dirigenti del Comune e ai nostri consulenti legali, approfondiremo con scrupolosa attenzione la sentenza, anche al fine di pianificare le migliori strategie per il futuro».
L’origine du mal
La discordia è nata dopo il rinnovo dell’accordo tra il comune di Sanremo e la Rai per l’organizzazione della kermesse musicale, senza che venissero prese in considerazione le altre proposte presentate. In particolare, il ricorso al Tar è stato presentato dalla società Just Entertainment (JE), che aveva mostrato interesse ad acquisire i diritti del Festival, in vista della scadenza della convenzione tra comune e Rai, il 31 dicembre 2023.
«In data 7 marzo 2023 – ricostruisce la sentenza – la ricorrente JE srl, società di edizione musicale e di produzione e realizzazione di eventi musicali, ha trasmesso al Comune di Sanremo una manifestazione di interesse ad acquisire la titolarità dei diritti di sfruttamento economico e commerciale del Festival di Sanremo (compreso il Red Carpet) e del relativo marchio al fine di curarne l’organizzazione e lo svolgimento».
Non avendo ricevuto alcuna risposta, JE ha pertanto impugnato il provvedimento.
Non è Sanremo senza Rai
Secondo il tribunale non è detto che la Rai garantisca il miglior livello qualitativo: “L’eventuale indizione di una gara pubblica potrebbe, in futuro, consentire di elevare ulteriormente il livello tecnico qualitativo finora riscontrato dall’amministrazione comunale”. La Rai, al contrario, sostiene nelle sue memorie “l’inscindibile legame” tra il marchio Sanremo e il format messo appunto dall’azienda.
“Sanremo è Sanremo” ma, come ha specificato la sentenza, esiste invece una distinzione tra marchio e format. I giudici non avrebbero condiviso tale impostazione, poiché il marchio, per definizione, è “il segno distintivo di un prodotto, che lo differenzia da altri simili e concorrenti”. Per dimostrare l’infondatezza di questa tesi, inoltre, sono state citate diverse modifiche apportate proprio al format nelle varie edizioni del Festival.
Edizione 2004 – L’Ariston scelse Tony Renis come direttore artistico del Festival. Le sue divergenze con le case discografiche determinarono l’insuccesso dell’edizione, cui non prese parte alcun cantante Big. L’assenza di personaggi di rilievo condizionò pesantemente l’auditel. Nel corso della terza serata, per la prima volta nella storia, Sanremo perse la gara degli ascolti contro il Grande Fratello condotto da Barbara D’Urso.
Edizione 2006 – Sanremo andò in onda dal 27 febbraio al 4 marzo perché nelle settimane precedenti il teatro dell’Ariston era occupato da altri spettacoli. Questa scelta vincolata generò un’interruzione della kermesse l’1 marzo, a causa della partita della nazionale italiana di calcio contro la Germania.
Edizione 2021 – Il Festival si è svolto senza la presenza del pubblico perché la capienza del teatro non avrebbe potuto garantire il rispetto delle norme vigenti per il contenimento del Covid.