Canone Rai, scontro Salvini-Tajani e la partita della pubblicità

Ieri mattina si è consumata una nuova spaccatura all’interno della maggioranza. L’oggetto è il taglio del canone Rai da 90 a 70 euro anche per il 2025, voluto dalla Lega e appoggiato da Fratelli d’Italia. In commissione Bilancio al Senato Forza Italia ha votato compatta con le opposizioni contro il taglio.

«Consideravamo il taglio sbagliato e non utile ad abbassare la pressione fiscale. Bisogna trovare 430 milioni dal bilancio per finanziare la Rai. Con quei soldi, invece, si possono tagliare veramente le tasse», ha spiegato il vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani.

Infatti, nella manovra di bilancio 2023, il canone passò da 90 a 70 euro per il 2024. E per questo taglio il governo ha dovuto garantire alla Rai un contributo straordinario per 480 milioni di euro, ottenuti dalla fiscalità generale, cioè da tutti i cittadini. Ma la partita reale non è un «vero taglio delle tasse». Forse c’entra Fininvest. E c’entrano le parole di Berlusconi, riferite in colloqui privati, tirate in ballo sia dal leader della Lega che dal segretario nazionale di Forza Italia.

Il vice presidente del Consiglio e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, e il vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani
Le altre spiegazioni di Tajani

«Non fa parte del programma e quindi è una proposta che noi non condividiamo, perché si rischia di fare un danno alla televisione pubblica che altrimenti dovrebbe essere finanziata diversamente», ha detto Tajani. Il segretario di Forza Italia ha sottolineato che abbassare il canone potrebbe indebolire la Rai, l’azienda che rappresenta l’Italia all’estero e offre lavoro a migliaia di persone.

Il problema della concorrenza

Ma ciò che non viene esplicitamente detto è che abbassare il canone Rai significherebbe alzare la raccolta pubblicitaria della televisione pubblica. E, secondo varie ricostruzioni, il taglio del canone risulterebbe sgradito a Mediaset. Perché più inserzioni alla Rai significa una maggiore concorrenza nella vendita di spazi pubblicitari televisivi, costringendo Mediaset ad abbassare le tariffe per gli inserzionisti. È la legge del mercato. Ma Tajani smentisce: «Non c’entra niente la famiglia Berlusconi, io non prendo ordini da nessuno».

Le parole di Berlusconi

«Ricordo che anche l’amico Berlusconi riteneva che il canone Rai fosse una tassa, una gabella su cui riflettere e da limare, non da cancellare, io sarei per la cancellazione ma in medio stat virtus», ha detto il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini, aggiungendo che «la cosa curiosa è che si è votato quello che l’intera maggioranza ha votato l’anno scorso, abbiamo votato lo stesso testo. Se andava bene l’anno scorso perché quest’anno la stessa cosa va meno bene?».

«Poco tempo prima di morire Berlusconi ricevette Salvini al San Raffaele dove era ricoverato. C’era anche Gianni Letta. Berlusconi disse espressamente a Salvini di non insistere sull’abolizione e sul taglio del canone Rai», ha spiegato Antonio Tajani, così smontando quanto detto da Salvini.

A ogni modo, le certezze sono due. La prima, che più concorrenza nella vendita di spazi non potrebbe far altro che abbassare il loro costo, danneggiando gli incassi delle tv commerciali derivanti dalle pubblicità. La seconda, che i 480 milioni sono stati prelevati dalla fiscalità generale, cioè dalle tasse di tutti. Se, tagliando il canone, lo Stato è comunque costretto a sostenere la Rai con soldi provenienti dalle tasse dei cittadini, la manovra è un buon spot elettorale. Ma priva di impatto.

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