L’Assemblea europea ha votato ed ora è ufficiale: Ursula von der Leyen succede a sé stessa e si riconferma alla guida della Commissione europea. Ma è una vittoria a metà, perché i consensi alla Presidente uscente sono stati solo 370. È il risultato peggiore dal 1995, con una maggioranza risicata, di soli 9 punti sopra alla soglia di sbarramento. A pesare sono state le questioni legate alle nomine di Fitto e Ribera: il risultato è una maggioranza fluida, forse anche fragile.
I casi Ribera e Fitto
Lo scontro politico che ha preceduto la nomina di Teresa Ribera e Raffaele Fitto è uno dei motivi che spiegano il basso consenso ricevuto dalla nuova Commissione. L’esito delle votazioni ha restituito 282 voti contrari e 36 astenuti su 688 votanti. Significa che qualcosa è andato storto, ma cosa? Forse si potrebbe attribuire qualche responsabilità al 17 settembre, quando von der Leyen ha presentato Fitto, un esponente dei conservatori, come vicepresidente esecutivo. Questo ha scontentato Verdi, Liberali e Socialisti, che non hanno votato in modo compatto per la rielezione.
Poi c’è il problema Ribera. La giurista spagnola è stata scelta come vicepresidente con deleghe alla Transizione Pulita e alla Concorrenza. La sua nomina non sembrava un problema fino a quando in Spagna non è arrivata la Dana, la tempesta che ha sconvolto il paese a ottobre. All’interno della scena politica spagnola, parte delle colpe sono state attribuite a Ribera, responsabile della Protezione Civile, accusata di non essere intervenuta in tempo. Il leader del Partito popolare spagnolo, Alberto Nunez Feijòo, ha quindi ottenuto che la nomina di Ribera fosse bloccata fino al 20 novembre quando avrebbe risposto davanti al Parlamento spagnolo sulla Dana.
La futura commissione: come cambiano gli equilibri europei
Alla fine le nomine di Ribera e Fitto sono state accettate, ma non c’è dubbio che la squadra del secondo mandato di von der Leyen rifletta gli scontri delle ultime settimane. Infatti, esclusa la presidente, la nuova Commissione avrà 14 commissari del Partito popolare europeo (Ppe), cinque liberali (Renew Europe), quattro socialdemocratici (S&D) e un conservatore (Ecr). Fitto, appunto, la cui nomina sembra quasi stonare in questo contesto.
La scelta di Fitto rappresenta un’apertura a destra, quasi obbligata per ottenere l’appoggio di politici influenti in Europa come Giorgia Meloni. Dunque, se da un lato questa mossa ha guadagnato a von der Leyen i voti di 36 parlamentari del gruppo dei conservatori (Ecr), tra cui i 24 di Fratelli d’Italia, dall’altro le ha anche alienato il supporto di una parte della sua maggioranza tradizionale, composta da popolari, liberali e verdi.
La maggioranza, come si può vedere, non è quella che a luglio aveva votato favore della ricandidatura di von der Leyen. Inoltre, i sostenitori della nuova Commissione hanno priorità diverse tra loro e questo potrebbe presto rappresentare un problema per le figure che in questo momento escono più soddisfatte. Tra cui Manfred Weber, leader del Ppe, che ha mostrato grande abilità nel tenere insieme popolari, liberali e socialisti, affinché da questi gruppi convergessero più voti possibili su von der Leyen.
La distribuzione dei partiti italiani
Da ultimo è interessante notare come anche le maggioranze dei singoli Paesi si siano divise sul voto a von der Leyen. In Italia, gli europarlamentari di Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno sostenuto von der Leyen. Non altrettanto ha fatto la Lega, che, in quanto membro del gruppo sovranista dei Patrioti, ha votato in blocco contro la presidente uscente. Sul fronte delle opposizioni, Avs e 5 Stelle hanno espresso parere negativo, mentre il Pd presenta delle eccezioni alla linea comune. Il partito di Elly Schlein si è infatti mostrato favorevole a von der Leyen, ma spiccano alcuni rifiuti importanti, tra cui Cecilia Strada, figlia del fondatore di Emergency Gino, e Guido Tarquinio, ex direttore di Avvenire.