«Se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto. I criminali di guerra sono altri» sono queste le frasi che, venerdì 22 novembre, fanno nascere uno scontro tra i due vicepremier tutto interno all’esecutivo. A pronunciarle è Matteo Salvini, commentando la decisione della Corte penale internazionale di emettere un mandato d’arresto nei confronti del premier israeliano Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Gallant.
Lo scontro tra Salvini e Tajani
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani non condivide la personale linea di politica estera di Salvini e il suo commento non si è fatto attendere. «La politica estera si deve fare in maniera costruttiva. È una cosa seria. Ogni parola va pesata, ponderata, calibrata. – ha dichiarato in un’intervista a Repubblica – Quindi la linea viene espressa dal presidente del Consiglio e dal ministro degli Esteri». Il vicepremier esprime lo stesso principio in un’intervista al Corriere della Sera:«[Salvini, ndr.] ha detto quale è la sua posizione, ma non è il ministro degli Esteri, come io potrei dire qualcosa sul tema dei trasporti ma non sono il ministro dei Trasporti».
La posizione ufficiale del governo, spiega, è quella di leggere le carte della Cpi prima di fare ulteriori commenti. «Vogliamo capire le motivazioni della sentenza, ragionare su cosa sostiene la Corte. Noi riconosciamo e sosteniamo la Corte penale. Ma lo facciamo ricordando che deve avere sempre una visione giuridica e non politica». Una posizione comune a tutto il governo tuttavia è chiara: «Non è possibile equiparare e mettere sullo stesso piano – afferma ancora Tajani – il premier democraticamente eletto di Israele e un capo terrorista. Una cosa è sottolineare la sproporzione della risposta di Israele nella Striscia, su cui siamo tutti d’accordo. Altro è un mandato di cattura».
L’intervento di Giorgia Meloni
Il 24 novembre è intervenuta sulla questione anche Giorgia Meloni, con una nota ufficiale: «Approfondirò in questi giorni le motivazioni che hanno portato alla sentenza della Corte penale internazionale. Motivazioni che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica». La premier rimanda ulteriori decisioni al vertice dei ministri degli esteri del G7 che si terrà dal 25 al 26 novembre. «La presidenza italiana del G7 – scrive – intende porre il tema all’ordine del giorno della prossima ministeriale Esteri». Tuttavia un punto resta fermo: «non ci può essere una equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l’organizzazione terroristica Hamas».
Dopo l’intervento di Meloni i toni dei suoi alleati cambiano. «Anche su questo troveremo sintesi come l’abbiamo sempre trovata» dice Salvini. A concordare con il Presidente del Consiglio è Tajani: «La posizione del governo è chiara – afferma – l’abbiamo espressa fin da giovedì. La linea è quella indicata anche dalla premier. Tocca a lei e al ministro degli Esteri dare la linea della nostra politica internazionale. È quello che abbiamo fatto, le altre sono opinioni».
Le reazioni dell’opposizione
Dall’opposizione le reazioni più dure sono quelle di 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra. Conteattacca il Governo, sottolineando che «quel mandato va eseguito». Sulla stessa linea anche Bonelli, il portavoce dei verdi, che parlando con i giornalisti alla Camera ha dichiarato: «Netanyahu non è il benvenuto in Italia e va arrestato. Salvini non si cura minimamente del sangue, del dolore, delle vite umane perse a Gaza».
Avs è pronta anche a depositare una mozione in Parlamento «per impegnare il Governo al pieno rispetto delle convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia e quindi alla sollecita attuazione delle decisioni della Cpi», hanno annunciato Bonelli e Fratoianni. Dal Pd a commentare la sentenza della Cpi è il responsabile Esteri nella segreteria nazionale. «È partito l’attacco alla Corte Penale Internazionale, per il mandato di arresto a Netanyahu. – scrive su X – La CPI è un’acquisizione fondamentale della giustizia internazionale, fondata sullo Statuto di Roma. L’Italia ha il dovere di rispettarla ma anche quello di adeguarsi alle sue decisioni».
A cura di Chiara Brunello