Cala il gelo tra Israele e la Santa Sede dopo le anticipazioni di un estratto del nuovo libro di Papa Francesco. Il Pontefice ha detto che bisognerebbe indagare sulla possibilità di un genocidio in corso a Gaza, generando le reazioni d’indignazione dello Stato Ebraico. Perché se c’è un’accusa che dalle parti della Knesset, a Gerusalemme, non vogliono ricevere è proprio questa.
Il caso
«A detta di alcuni esperti ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio. Bisognerebbe indagare con attenzione per determinare se si inquadra nella definizione tecnica formulata da giuristi e organismi internazionali».
Questa l’anticipazione incriminata del libro La Speranza non delude mai. Pellegrini verso un mondo migliore, scritto a quattro mani dal Pontefice insieme al giornalista argentino Hernàn Reyes pubblicata dai quotidiani La Stampa ed El Paìs.
In Vaticano non sapevano nulla della pubblicazione dell’estratto. Infatti, Francesco non è nuovo a dribbling su filtri diplomatici. Già un anno fa, in occasione dell’incontro con un gruppo di palestinesi, usò la parola “genocidio”. Dichiarazione smentita poi dall’Ufficio Stampa Vaticano. Il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, sottolineò proprio come la parola “genocidio” avesse conseguenze estremamente precise a livello internazionale.
Parliamoci chiaro, la linea del Vaticano sul conflitto è sempre stata limpida. Lo stesso Parolin ha parlato più volte di «carneficina» e di risposta «sproporzionata rispetto al diritto alla difesa di Israele». L’uso della parola “genocidio” ha, però, tutto un altro significato.
La reazione israeliana e del mondo ebraico
Gerusalemme non si è fatta di certo aspettare. L’ambasciatore israeliano alla Santa Sede ha rilasciato una risposta gelida: «Il 7 ottobre 2023 c’è stato un massacro genocida di cittadini israeliani e da allora Israele ha esercitato il diritto di autodifesa contro i tentativi provenienti da sette diversi fronti. Qualsiasi tentativo di chiamare questa autodifesa con un altro nome significa isolare lo Stato Ebraico».
Appello colto da Daniel Nahum, consigliere comunale di Milano ed ex vicepresidente della Comunità ebraica meneghina: «significa far passare le vittime di ieri come i carnefici di oggi e sta portando a un’ondata di antisemitismo in tutto il mondo che dovrebbe preoccupare anche il Santo Padre».
Sulla vicenda è intervenuta anche Edith Bruck. La scrittrice e sopravvissuta alla Shoah ha raccontato al Corriere di disapprovare le affermazioni del Papa. «Il genocidio è altro. È quando vengono bruciati milioni di bambini che se ne può parlare. Penso che la frase gli sia scappata perché non è italiano e non ha il controllo di quello che dice».
Sviluppi dal campo
Nel frattempo, Hezbollah avrebbe accettato la bozza di accordo per il cessate il fuoco con Israele presentata dagli Stati Uniti. Continueranno, comunque, i negoziati per chiudere i punti rimasti in sospeso. A riportarlo, il corrispondente di Axios dagli USA dopo una prima indiscrezione rilanciata dalla tv libanese Lbci.
La notizia di punto di questi giorni, resta quella dei due razzi bengala caduti nel cortile della residenza privata del primo ministro Netanyahu a Cesarea il 16 novembre. Lanciati non da Gaza o dal Libano, ma da oppositori israeliani interni. Un episodio che si è concretizzato senza danni e senza pericoli per la famiglia del premier, perché la casa era vuota in quel momento.
Per ora sono state arrestate tre persone sospettate di aver gettato i razzi illuminanti nel giardino. Il quotidiano Yedioth Ahronoth ha rivelato che uno dei tre fermati sarebbe un alto ufficiale della riserva noto per la sua partecipazione attiva alle proteste contro il governo Netanyahu negli ultimi due anni. L’incidente di sabato arriva quasi un mese dopo un attacco con drone di Hezbollah contro la stessa residenza il 19 ottobre, quando Netanyahu e la sua famiglia non erano in casa.
Sul fronte Gaza, l’ufficio stampa di Hamas ha stimato almeno 70 vittime nel raid israeliano in un edificio residenziale a Beit Lahia, nel nord della Striscia. Altre decine sarebbero rimaste ferite o intrappolate sotto le macerie.