La storica icona blu a forma di B approda nello spazio. La startup Hubble Network ha stabilito per la prima volta una connessione Bluetooth dai suoi primi due satelliti mandati in orbita a marzo di quest’anno. L’obiettivo è investire in una connessione più economica a basso consumo. Entro il 2026, 32 satelliti.
Il progetto di Hubble Network
Seicento chilometri di distanza. Questa la lunghezza della traiettoria della prima vera connessione Bluetooth satellitare, resa possibile grazie a un’iniziativa di Hubble Network, startup americana nata nel 2021 dalla collaborazione di Alex Haro (fondatore di Life360), Ben Wild (fondatore di Iotera) e John Kim, ingegnere aerospaziale. Il segnale, dallo spazio alla Terra, è passato attraverso dei chip da 3,5 millimetri facilmente reperibili in commercio. L’obiettivo della startup è di mettere a punto una costellazione di satelliti che supporti la connettività Bluetooth, più economica e che richiede un consumo di batteria decisamente minore rispetto ad altri tipi di connessione.
A primo impatto sembrava fantascienza se si pensa che, in media, la distanza massima per un collegamento fra dispositivi è di 10 metri. Poi la svolta: primo step della missione, brevettare un software in grado di far comunicare dei chip Bluetooth a lunga distanza e a basso consumo. In un secondo momento, la creazione di un sistema che limita gli sfasamenti di frequenza, molto comuni negli oggetti in rapido movimento che inviano onde radio.
Nel mese di marzo, Hubble Network lancia in orbita i suoi primi due satelliti grazie ad una spedizione di Space X. Ogni satellite dispone di un’antenna che “ingrandisce” il segnale del chip. Dopo il successo di questa prima missione, la startup punta a inviare in orbita 32 satelliti entro il 2026. La costellazione garantirà una connessione Bluetooth stabile per due/tre ore al giorno in tutto il mondo.
Un passo avanti per la Internet of Things
Il progetto della startup americana contribuisce, quindi, a far crescere l’industria della Internet of Things (IoT). L’ingegnere inglese Kevin Ashton nel 1999 conia il nome di questa nuova tecnologia, che si definisce come «quello sviluppo tecnologico in base al quale, attraverso la rete internet, ogni oggetto acquista una sua identità nel mondo digitale». In altre parole, lo scopo è quello di portare nel mondo digitale degli oggetti di uso quotidiano. Si parla infatti di autovetture intelligenti in grado di comunicare con l’infrastruttura stradale per prevenire un incidente, di sci che forniscono informazioni sullo stato della neve, o elettrodomestici coordinati per ottimizzare l’impegno di potenza.
Ma non è tutto. L’IoT trova la sua applicazione anche negli edifici con lo Smart Building, fornendo soluzioni per la gestione automatica di impianti dell’edificio – attraverso sensori – per il risparmio energetico. Si parla anche di Smart Agriculture per tutto ciò che riguarda il monitoraggio di parametri climatici a sostegno dell’agricoltura, grazie all’interconnessione di «Oggetti Intelligenti».
Di recente introduzione lo Smart Metering, che monitora i consumi di elettricità, acqua, gas e riscaldamento, permettendo all’utente di risparmiare.