A Giugliano in Campania un medico è stato licenziato per essersi rifiutato di eseguire un aborto terapeutico. La vicenda risale alla scorsa estate, precisamente alla notte tra il 30 giugno ed il primo luglio: quella sera una donna, giunta alla diciottesima settimana di gravidanza, si era presentata al reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale in provincia di Napoli.
La paziente, visibilmente scossa ed in condizioni critiche, aveva peraltro appena partorito un feto privo di attività cardiaca. Uno stato di chiara emergenza che non ha però scalfito i principi del ginecologo di turno, fermo sulla sua posizione di obiettore e determinato a non eseguire l’aborto. A nulla sono valse le insistenze del personale sanitario presente sul posto, con la tensione che ha continuato a crescere con il passare dei minuti.
A salvare la situazione una telefonata dell’ostetrica Fatima Sorrentino, che decide di allertare nel cuore della notte il medico Crescenzo Pezone, quella sera non di turno e non reperibile. Il medico specialista, dopo essersi fatto spiegare la situazione, tenta inizialmente di riportare al dovere il ginecologo obiettore, ma di fronte all’ennesimo rifiuto di quest’ultimo si vede costretto a recarsi di gran fretta all’ospedale per praticare l’aborto terapeutico.
Fortunatamente la vicenda si è conclusa poco più tardi con un lieto fine: la donna è stata salvata, ma la vicenda non è affatto piaciuta alla ASL che ha liquidato il medico obiettore con un licenziamento senza preavviso. A margine della vicenda le dichiarazioni della direttrice sanitaria Virginia Scafarto: «La giustificazione adottata dallo specialista di turno non è conforme al caso in questione. Ha lasciato intendere che infermiere e ostetriche non lo avessero avvertito del caso, ma non è ciò che risulta dalle indagini». Il caso di Giugliano in Campania rievoca un nervo scoperto della sanità italiana, una materia evidentemente ancora malata che a quanto pare la legge 194 non è riuscita a curare.
(m.m.)