E’ bastata una firma ad annientare l’eredità ecologica di Barack Obama. Con un decreto che cancella l’adesione americana agli accordi di Parigi sul clima, Donald Trump rilancia l’industria del carbone, del petrolio e delle trivellazioni, promettendo posti di lavoro e indipendenza energetica.
Più emissioni, meno limiti per tutti. L’elenco degli interlocutori di Trump è lungo: si va dai minatori ai trivellatori, passando per i metalmeccanici. Categorie operaie alle quali il presidente Usa deve voti decisi per la sua elezione e grazie a cui può sperare di risollevarsi dopo lo scivolone subito pochi giorni fa sulla norma anti-Obamacare. Con l’Energy Independence Order la Casa Bianca dichiara finita la guerra al carbone e torna a strizzare l’occhio alle energie fossili: una politica energetica che rende vani tutti gli sforzi di Obama sul clima e che fa tornare indietro il Paese di otto anni. Tra i punti salienti, il decreto revoca qualsiasi restrizione alle emissioni CO2, alle trivellazioni costiere e abolisce norme come quella sulle valutazioni d’impatto ambientale, che potevano di fatto ostacolare le opere sul territorio.
Sono molti a essere già col piede di guerra. Dalla parte degli ambientalisti si schierano non solo i seguaci di Obama, ma anche Stati tradizionalmente green come la California, che per conto del governatore Jerry Brown scrive all’Epa – agenzia di protezione ambientale – dicendo: “Faremo tutto il possibile per preservare le sue norme attuali, proteggere la salute della popolazione e la stabilità del clima”. Anche il gigante dell’energia Exxon Mobil ha aspramente criticato il nuovo decreto, precisando tramite il Financial Times che per gli Usa “è prudente restare negli accordi di Parigi, al fine di far rimanere i mercati energetici il più liberi e competitivi possibile”. Magari sfruttando proprio quelle enormi risorse di gas naturale di cui Exxon Mobil è proprietario.
L.G.