Quindici persone accusate di far parte di un’associazione per delinquere che a Milano e provincia avrebbe favorito gli interessi della famiglia mafiosa catanese dei Laudani sono state arrestate stamani nel corso di un’operazione del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Varese e della Squadra mobile della questura di Milano. Le misure cautelari sono state emesse dal gip di Milano, su richiesta della Dda, che ha disposto anche 60 perquisizioni tra Lombardia, Piemonte, Puglia e Sicilia, sequestri preventivi di beni immobili, quote sociali, disponibilità finanziarie e ordinanze di amministrazione giudiziaria nei confronti di società operanti nel settore della grande distribuzione e della vigilanza e sicurezza privata.
Coinvolte nell’inchiesta quattro direzioni generali (su 10 in Italia) della multinazionale della grande distribuzione Lidl, che sono state poste in amministrazione giudiziaria. La presunta associazione per delinquere smantellata oggi dalla Dda di Milano avrebbe ottenuto “commesse e appalti di servizi in Sicilia” da Lidl Italia e Eurospin Italia attraverso “dazioni di denaro a esponenti della famiglia Laudani”, clan mafioso “in grado di garantire il monopolio di tali commesse e la cogestione dei lavori in Sicilia”. Gli arrestati, inoltre, avrebbero ottenuto lavori da Lidl Italia “in Piemonte” attraverso “dazioni corruttive” secondo quanto si legge nell’ordinanza cautelare. La società Lidl Italia, invece, non è indagata.
Nell’ambito dell’inchiesta è stata anche disposta l’amministrazione giudiziaria della società di sorveglianza privata del Palazzo di Giustizia di Milano. Le indagini della Dda che hanno coinvolto società appaltatrici della vigilanza del Tribunale di Milano non avrebbero, allo stato, pregiudicato la sicurezza del Palagiustizia o delle sue attività, come affermano il procuratore aggiunto Ilda Bocassini e il sostituto della Dda Paolo Storari.
Tra gli arrestati anche un ex dipendente della Provincia di Milano, accusato di ‘”traffico d’influenze” perché, secondo gli inquirenti, si sarebbe messo a disposizione dei referenti del clan Laudani, e una dipendente del Comune di Milano, finita ai domiciliari per corruzione in relazione a un appalto scolastico. In particolare l’ex funzionario della Provincia, ormai in pensione, riceveva un compenso mensile da 1.000 a 2.000 euro al mese per individuare le persone che si potevano corrompere più facilmente. Mentre la dipendente comunale “è indagata per aver dato un appalto di pulizia a una delle società coinvolte”, secondo quanto riferito dal pm Paolo Storati che ha coordinato le indagini. Sempre stamani, in provincia di Catania, è stato eseguito un decreto di fermo, emesso dalla Dda catanese, nei confronti di 2 persone accusate di far parte dello stesso clan Laudani, noti come “Mussi ‘i ficurinnia” (Facce di fichidindia).