Addio allo storico negozio H&M di piazza San Babila, simbolo della storia del marchio in Italia perché proprio da questi spazi, che un tempo ospitavano il concept store Fiorucci, è iniziata l’avventura nel Belpaese dell’azienda scandinava nel 2003.
E sarà sciopero dello shopping , quando le commesse e i commessi incroceranno le braccia per protestare contro la decisione dell’azienda di chiudere quattro punti vendita H&M in Italia, di cui due a Milano, e aprire una procedura di licenziamenti collettivo, dichiarando 89 lavoratori in esubero. Presidio dei lavoratori dalle 12.30 sabato, 10 giugno, proprio davanti alle vetrine di San Babila, dove si alzerà la voce dei lavoratori che leggono la mossa come un tentativo di applicare il formato “low cost” anche al lavoro.
Il gruppo H&M, leader del settore del fast fashion, ha comunicato alle organizzazioni sindacali il 19 maggio l’intenzione di licenziare i dipendenti, ed è per questo che Filcams-Cgil Milano e Uiltucs Milano e Lombardia hanno proclamato lo sciopero di tutti i lavoratori di H&M per l’intera giornata di sabato.
I negozi milanesi destinati alla chiusura sono lo storico negozio di Piazza San Babila – dove si terrà il sit-in dei lavoratori – e il punto vendita di Porta Venezia dove solamente sei mesi fa – fanno notare i sindacati – l’azienda svedese ha aperto un nuovo flagship. Le organizzazioni sindacali, ricordano, fin da subito hanno considerato inaccettabile la pesante messa in discussione occupazionale da parte di un’azienda “in crescita e florida”, richiedendo l’immediato ritiro della procedura. Durante il primo incontro della procedura di licenziamento collettivo – spiegano inoltre – l’azienda ha confermato invece la decisione di chiudere i punti vendita e ha ribadito di non poter ricollocare gran parte dei lavoratori, questo nonostante su Milano e provincia ci siano ben 16 negozi e sul territorio nazionale circa 150.
“Riteniamo gravissima e ingiustificata la posizione di H&M – è il commento dei rappresentanti dei lavoratori – azienda in continua espansione, che ha in programma diverse aperture e che non è certo in crisi; solo nel 2016 l’azienda ha chiuso con 756 milioni di ricavi e 16 milioni di utile. Ancor più grave se si considera l’esorbitante utilizzo di lavoratori a chiamata, che sono quasi il 30% dei dipendenti totali dell’azienda e che la stessa continua ad assumere e ricercare nonostante la comunicazione dei licenziamenti. E’ chiarissimo che la strategia di H&M è quella di licenziare i lavoratori con i vecchi contratti per sostituirli con contratti a chiamata anche in vista delle nuove aperture in programma”.
Da parte sua l’azienda ha confermato le chiusure spiegando però che ha avviato la procedura formale di licenziamento collettivo “secondo la legge”. “H&M – si legge nel comunicato aziendale – crede nelle persone e si è impegnata da subito a trovare le migliori soluzioni possibili per i dipendenti, conformemente alla legge e nel rispetto delle proprie politiche interne e valori”. In quest’ottica ha avviato “un percorso con i sindacati, tuttora in corso, finalizzato a trovare soluzioni condivise per i dipendenti di questi negozi, tra cui la ricollocazione in altri negozi esistenti, al fine di garantire il maggior numero di posti di lavoro”.