“Come deve essere bilanciato il diritto all’oblio di una persona con il diritto del pubblico di sapere?” “È giusto assecondare ciecamente ogni richiesta di cancellazione?” A questi ed altri quesiti ha risposto Guido Scorza, docente, avvocato e giornalista pubblicista, durante l’incontro in Sala Campiotti dal titolo “Il diritto all’oblio ai tempi di Google”.
Dati e informazioni sono resi perennemente reperibili grazie alla rete che li riporta a galla in qualsiasi momento attraverso i motori di ricerca. Talvolta però queste informazioni sono notizie, riportate online dai giornali e conservate nell’enorme banca dati di internet. Notizie a volte datate a volte no, che in certi casi rischiano a posteriori di rovinare la reputazione o la carriera di chi vi è associato. Da qui il diritto della persona coinvolta di chiedere di rimuovere quel contenuto considerato ormai privo di interesse di cronaca, ma ancora in grado di nuocere al diretto interessato. Su questa base la Corte di Giustizia dell’ Unione Europea ha decretato che chiunque può chiedere che il motore di ricerca elimini il nesso tra il suo nome e quella particolare pagina web che risulta sconveniente o dannosa per il soggetto, protagonista in passato di fatti di cronaca. Una sorta di diritto ad “essere dimenticati” .
Da qui nasce l’acceso dibattito che ruota intorno al diritto all’oblio: è giusto cancellare completamente una notizia? E soprattutto chi se ne deve occupare? Secondo Guido Scorza “il diritto all’oblio è uguale al diritto alla libertà personale” e per questo motivo è necessario che esista. La gestione di tale diritto non può essere però lasciata ad uno dei tanti motori di ricerca che gestiscono il web perché allora si va ad uccidere la cronaca. “ Il modus operandi di Google così come quello degli altri motori si basa su logiche aziendali e di mercato” e per questo motivo pur di non entrare nel campo giuridico ad ogni richiesta di eliminazione di una pagina seguirà l’effettiva cancellazione, senza se, senza ma e senza aver valutato le motivazioni. Per questo motivo tocca al giudice stabilire “se è prevalente l’interesse del singolo” a tutelare la sua privacy e quindi le informazioni su di lui contenute in una pagina web “o se prevale quello della collettività ad essere informata”. Accanto al giudice per far fronte alle numerose richieste, può intervenire l’Autorità Garante della Privacy. Sono solo questi i due organi adatti alla gestione e alla tutela del diritto all’oblio, secondo Scorza perché “non bisogna pensare che perché una cosa si può risolvere con pochi click e in pochi minuti (come rivolgendosi al motore di ricerca) allora è giuridicamente legittimo e opportuno farlo”, questo tipo di giustizia “è una giustizia meccanica che non è nella costituzione”. Quella del giudica invece si.
Articolo e intervista Roberta Russo
Video Stefano Scarpa