Marco Bardazzi, La Stampa, Roberto Bernabò, Il Tirreno, e Diana Letizia, Il Secolo XIX. Tre esperti di giornalismo locale che vive nel web, insieme al Festival Glocal di Varese. “Ad un anno di distanza dall’esperimento di pubblicare online Il Tirreno di Prato sin dal mattino, possiamo dire di aver superato la paura della digitalizzazione”. Così Roberto Bernabò, direttore dei quotidiani del gruppo Finegil ed ex direttore del Tirreno. Ma in termini di digitalizzazione, è La Stampa a dettare legge. La disposizione fisica della redazione è già un annuncio di ciò che accade lì dentro: un grandissimo open space, dove redazione cartacea e digitale sono unificate, così da creare una vera sinergia tra le parti.
“Alla Stampa siamo nella fase post integrazione. Nell’ultimo anno abbiamo assistito ad una sempre maggiore contaminazione della redazione”, racconta Bardazzi. Non solo. Nell’ultimo anno sono state inserite una nuova serie di professionalità diverse da quelle redazionali, oltre ad una Accademy creata insieme a Google che ha partorito duecento talenti del giornalismo e dato vita ad un team multi competente. Inoltre, alla Stampa sempre nell’ultimo anno, il ruolo del socia media editor è stato affidato a rotazione a persone diverse, così da portare in redazione suggestioni sempre nuove. “Avete le chiavi dei nostri social, fateci vedere come dovremmo usarli per essere più efficienti”: questo l’imperativo affidato ai nuovi social media editor. E avere in casa questo tipo di figure provoca e stimola pure i giornalisti più scettici rispetto al web, assicura Bardazzi.
“Voldemort come il cannibalismo del digitale rispetto alla carta”, ironizza Diana Letizia. “Non pronunciatelo, c’è ancora chi si spaventa”. Inutile infatti, volere una rivoluzione a tutti i costi. “Sarebbe come chiedere a Quirico di twittare dalla Sierra Leone mentre cerca di capire come si diffonde l’ebola”, scherza Bardazzi. “Alla Stampa vogliamo andare avanti, senza perdere le nostre radici. E mentre sviluppiamo nuove realtà abbiamo bisogno di cambiare metabolismo”, prosegue. Infatti, con il digitale si è notato che il massimo del traffico avviene la mattina ed è quindi necessaria una rivoluzione delle redazioni.
Al Secolo XIX, per esempio, il desk del web viene chiamato radar perché segnala le notizie e fornisce un vivaio da cui i giornalisti del cartaceo possono attingere durante il corso della giornata. Ma nonostante il discorso tra web e digitale rimane molto vivo, non bisogna dimenticare che il terreno da cui si prende il materiale è sempre lo stesso, il mondo. “Il web è solo lo specchio del reale”, parola di Diana Letizia.
Articolo e interviste Barbara Montrasio
Video Stefano Scarpa