Articolo di Massimo Sanvito
“Quando mi presentai al primo provino con l’Alessandria non stoppai la palla di petto perché avevo la camicia”. Era ancora un bambino Gianni Rivera, ma era già pronto per stare coi grandi. Circa cinquecento persone, appassionati di ogni età e fede calcistica, hanno gremito la Sala Orlando della Confcommercio Milano per la presentazione di “Autobiografia di un campione”. Più di cinquecento pagine di immagini, racconti, articoli di giornali, emozioni e rivelazioni che ripercorrono la carriera e la vita di uno dei più grandi calciatori della storia del pallone italiano. Editrice dell’enorme libro, in vendita solo sul sito internet dell’ex campione rossonero al prezzo di 50 euro più spedizione, la moglie Laura. Un lavoro lungo sei anni, tra la selezione del materiale e la pubblicazione.
Dopo l’introduzione del presidente di Confcommercio Carlo Sangalli, grandissimo tifoso milanista e amico di Rivera, la scena è stata tutta per l’ex goldenboy. Il silenzio presente in sala mentre scorrono i video wall (preparati da Massimo Veronese del Giornale) dei successi e delle giocate della mezz’ala più prolifica nella storia della Serie A viene spezzato solo da un fragoroso applauso, quando appare il gol del 4-3 in Italia-Germania ai Mondiali del ’70. Appena prende la parola Rivera il clima si fa più disteso, perché è tutto un susseguirsi di ricordi, aneddoti e battute: dall’esordio in serie A non ancora sedicenne alle imitazioni di Nereo Rocco, l’allenatore triestino del Milan col quale ha vinto due Scudetti, tre Coppe Italia, due Coppe dei Campioni, due Coppe delle Coppe e una Coppa Intercontinentale, oltre al Pallone d’Oro del ‘69. Applausi e risate. Rivera ricorda con gioia e affetto i genitori, grazie ai quali è stato possibile realizzare la sua autobiografia col materiale racconto negli anni dal padre. “Quando firmai il mio primo contratto da professionista arrivai a guadagnare più di mio padre, ma per me il calcio è sempre stato passione – ha spiegato l’ex numero 10 -, ho trasformato la mia passione in lavoro e viceversa”.
Intervenuti sul palco, oltre al presentatore Carlo Massarini, a Paolo Condò di Sky, al tifoso juventino Massimo Zampini, all’inventore della moviola Carlo Sassi e a Bruno Pizzul, gli amici di una vita: dagli ex compagni del Milan Pierino Prati, Giovanni Lodetti e Saul Malatrasi, all’amico-rivale Sandro Mazzola. E allora non possono mancare i ricordi della famosa “staffetta azzurra” Mazzola-Rivera ai Mondiali di Messico ’70. L’allora CT della Nazionale Ferruccio Valcareggi non li schierò mai insieme, tranne negli ultimi sei minuti della finale a risultato ormai compromesso. Non li riteneva compatibili, anche se Rivera ancora oggi pensa che fu un errore “perché io e Sandro eravamo giocatori con caratteristiche diverse che potevano giocare benissimo insieme”. “I giornalisti durante gli allenamenti ci osservavano attentamente per scoprire se litigavamo”, ha ricordato Mazzola. Niente di tutto questo. “Eravamo amici e tra di noi non ci sono mai stati problemi”, hanno ribadito in coro le due bandiere di Milan e Inter.
Non solo i ricordi delle sfide del passato, ma anche un’analisi sul calcio di adesso. Esiste un nuovo Rivera? “I calciatori di oggi li conosco poco, ma anche se sono cambiati i tempi un giovane con grande talento può fare lo stesso salto che feci io nel ’60 dall’Alessandria al Milan”. Una battuta anche sulla situazione attuale del Milan, di cui Rivera è stato capitano per dodici stagioni: “Gli uomini di Mihajlovic possono puntare al terzo posto, ma non dipende solo da loro perché sono tante le squadre che li precedono in classifica”. Forse, un unico rimpianto in una carriera da fuoriclasse assoluto: “Probabilmente baratterei il pallone d’oro con la vittoria del Mondiale messicano”. Gianni Rivera, il campione di ieri e di oggi.