Tre grucce appese alla parete del civico 81 in via Ferrante Aporti. Sono l’ultimo attimo della tragedia consumatasi domenica attorno alle 12, quando un 31enne originario del Mali si è tolto la vita impiccandosi alla facciata dei magazzini raccordati. Tre grucce appese come uno sfregio grottesco nei confronti di chi ha ceduto alla disperazione: comparse sul muro martedì sera, sono state rimosse da alcuni membri dell’associazione Fas (Ferrante Aporti Sammartini). L’episodio si inserisce all’interno del clima di dolore, sconcerto ed esasperazione che si respira in quartiere.
Un quartiere che, ad oggi, appare ancora sotto shock, diviso tra il dolore per la morte del giovane migrante, ricordato lunedì pomeriggio con la deposizione di fiori e di cartelli, e quanti ritengono l’episodio l’estrema conseguenza della presenza, in via Sammartini, del centro d’accoglienza gestito da Progetto Arca.
Il confronto inevitabilmente si anima sul web, sui gruppi dei residenti e delle associazioni di quartiere, mettendo in evidenza visioni diverse sull’accaduto e in generale sul modo di vivere la zona in cui si abita. Dai messaggi commossi per salutare una giovane vita spezzata, carichi della consapevolezza di voler fare qualcosa in più, ai commenti di coloro che rivendicano un diritto di “primazia” delle vicende degli italiani.
Di seguito il racconto dei drammatici attimi vissuti domenica dai residenti di via Aporti nelle parole di Carmen Franchina. Angelo Cappellina, dell’associazione Fas, racconta invece dell’omaggio del quartiere al giovane maliano di lunedì pomeriggio e del ritrovamento e della rimozione degli appendiabiti, avvenuta martedì sera.