Un’ondata di proteste ha sconvolto 125 città russe sabato 23 gennaio. Era dalle manifestazioni del 2012 e del 2019 che una folla composta da cittadini di tutte le età e le estrazioni sociali non scendeva in piazza per protestare contro il governo russo. I manifestanti di sabato 23 gennaio hanno protestato contro l’arresto di Aleksej Naval’nyj, oppositore del presidente Vladimir Putin, e per uno Stato libero e senza corruzione. Già nel 2017 i diciottenni della «generazione Putin» erano scesi in piazza per manifestare contro l’allora primo ministro Medvedev, spinti da Naval’nyj.
I manifestanti
Moltissimi dei manifestanti di sabato, il 44% secondo i calcoli dell’ong Contatore bianco, hanno preso parte ad una protesta per la prima volta nella loro vita. Le manifestazioni, dapprima pacifiche, si sono trasformate in un vero e proprio scontro con le forze dell’ordine russe, l’Fsb, che hanno risposto con la violenza nonostante la folla marciasse in tranquillità. L’account Instagram @openrussia_team ha pubblicato un post questa mattina in cui viene spiegato ai follower della pagina che sono almeno 14 gli atti criminali di violenza compiuti dagli agenti nei luoghi simbolo di queste proteste. Tra questi figurano Puškinskaja plošad’ a Mosca, Nevskij Prospekt a San Pietroburgo, e nella città siberiana di Jakutsk, dove i manifestanti sono scesi in strada nonostante la temperatura raggiungesse i 50 gradi sotto lo zero.
L’inchiesta sul Palazzo di Gelendžik
Alcuni dei manifestanti non conoscevano nel dettaglio la vicenda dell’avvelenamento di Aleksej Naval’nyj avvenuto in Siberia lo scorso agosto, ma hanno appreso notizie dell’attività di lotta alla corruzione del blogger russo, con la collaborazione della sua squadra anti-corruzione Fbk, dopo il suo arresto avvenuto lo scorso 17 gennaio. Altri hanno deciso di manifestare dopo la visione del video di Naval’nyj in cui egli mostrava il palazzo di Gelendžik, sul Mar Nero, per cui il Presidente Putin avrebbe speso la cifra di 100 miliardi di rubli.
L’intervento delle forze dell’ordine
Sono stati tantissimi gli arresti, più di 3695 in tutta la Russia, secondo Ovd info, di cui 1454 solo nella capitale. I numeri sono ancora in aggiornamento. Tra coloro che sono stati fermati dagli agenti, figurano alcuni collaboratori di Naval’nyj, e Julia Naval’naja, la moglie. In un post su Instagram di sabato la donna appariva all’interno di una camionetta della polizia. La didascalia recitava: «Scusate per la cattiva qualità (della foto) ma c’è una brutta luce a bordo della camionetta della polizia». Julia Navl’naja è stata poi rilasciata. Tra gli slogan più usati duranti la protesta, ricordiamo «Putin ladro», «Io sto con Naval’nyj», «Non abbiate paura, non tacete!», e ancora, «uno per tutti e tutti per uno».
La risposta di Putin
In occasione del 25 gennaio, giornata dedicata agli studenti, Putin ha risposto durante una videoconferenza ad alcune domande sul caso Naval’nyj . Il presidente russo ha dichiarato che il lussuoso palazzo sul Mar Nero non è mai appartenuta né a lui né a nessuno dei suoi parenti. In risposta agli arresti e alle violenze della polizia, l’Unione Europea si prepara a nuove sanzioni nei confronti della Federazione Russa.