Un altro fine settimana all’insegna degli scontri in tutta la Russia. In 140 città del Paese i sostenitori di Aleksej Naval’nyj, spinti dall’appello che lo staff dell’attivista ha pubblicato su Instagram, si sono riversati per le vie, sfidando le temperature glaciali. L’ong Ovd – Info ha postato sul web il numero degli arrestati, oltre 5mila, di cui solo nella capitale 1616. Tra i fermati figura anche Julia Naval’naja, la moglie del dissidente, che è stata sanzionata con una multa di 20mila rubli, circa 210 euro, per aver partecipato alla manifestazione. Anche ieri, domenica 31 gennaio, la polizia russa è ricorsa a metodi violenti contro i manifestanti: moltissimi sono i video pubblicati sui social, soprattutto Instagram, in cui le forze dell’ordine sono state riprese mentre utilizzano il taser e i manganelli contro la folla, nonostante le proteste fossero pacifiche. Tra gli arrestati vi sono anche 82 giornalisti.
A Kazan’ i manifestanti sono stati obbligati a mettersi in ginocchio con le mani alzate e la faccia a terra nonostante il suolo fosse coperto di neve. Da Mosca a San Pietroburgo, ma anche a Vladivostok, Nižnyj Novgorod e altre città, lo scenario è lo stesso: la folla che marcia pacificamente, le forze dell’ordine che intervengono con la forza. A Mosca le proteste si sono concentrate anche davanti al carcere di Matrosskaja Tišina, dove Naval’nyj è detenuto dal 17 gennaio, giorno del suo ritorno in Russia.
La condanna dall’Occidente
Gli Stati Uniti hanno condannato ancora una volta i metodi violenti della polizia russa: il segretario di Stato, Antony Blinken, si è pronunciato contro la brutalità delle forze dell’ordine durante le manifestazioni di domenica 31 gennaio. In tutta risposta, il Cremlino ha chiesto agli Usa di non intervenire negli affari interni del Paese, accusandoli di essere i promotori delle proteste. Anche Josep Borrell, l’Alto rappresentante Ue, si è schierato contro gli arresti e l’uso della forza contro i manifestanti. Borrell ha programmato una visita in Russia il 4 febbraio per discutere sulle proteste e sull’arresto di Naval’nyj.
In Italia, dichiarazioni di sostegno in favore dei manifestanti sono arrivate dalla Farnesina, che ha chiesto il rilascio del dissidente; nel nostro Paese, il partito politico Più Europa ha aderito alle manifestazioni. A mezzogiorno di domenica 31 gennaio, una folla manifestanti si è ritrovata davanti al Castello Sforzesco di Milano per chiedere la liberazione di Naval’nyj. Al sit in erano presenti Yuri Guaiana della segreteria nazionale e Lorenzo Lipparini, assessore alla partecipazione. Domani 2 febbraio verrà presentata la mozione a favore della liberazione di Naval’nyj dal consigliere regionale lombardo Michele Usuelli.
La risposta dal Cremlino
Il capo del Consiglio di sicurezza russo, Dmitrij Medvedev, si è espresso contro Twitter e gli altri social che secondo lui aiuterebbero la propaganda di Naval’nyj, “una canaglia politica”. Il portavoce del presidente Vladimir Putin, Dmitrij Peskov, ha dichiarato all’agenzia Interfax: “Per quanto riguarda le dichiarazioni fatte dai rappresentanti degli Usa sulle manifestazioni illegali nel nostro Paese, ripeto che non siamo disponibili ad accettare e ascoltare tali affermazioni degli americani e non lo faremo”.
Domani, martedì 2 febbraio, in tribunale si deciderà del destino del dissidente russo. Naval’nyj, infatti, potrebbe essere condannato a 3 anni e mezzo di reclusione per aver violato i termini degli arresti domiciliari quando si è recato in Germania l’estate scorsa per curarsi dall’avvelenamento da Novičok, attribuito dal dissidente ai servizi segreti russi, l’Fsb. Sono stati confermati dal tribunale di Basmanny gli arresti domiciliari per alcuni collaboratori di Naval’nyj, tra cui la sua portavoce, Kira Jarmiš, accusata di non aver rispettato le norme anti-Covid con la sua partecipazione alle proteste di sabato 23 gennaio.