L’inconfondibile arte provocatoria, il sarcasmo, l’erotismo e le bandiere di William N. Copley in mostra alla Fondazione Prada, che dedica all’artista americano la più ampia retrospettiva mai realizzata. Organizzata in collaborazione con la Menil Collection di Houston e curata per l’edizione italiana da Germano Celant, la mostra include più di 150 lavori realizzati da Copley che ripercorrono la progressione dello stile pittorico dell’artista in un arco temporale che va dal 1948 fino al 1995.

La retrospettiva si divide in due parti: la prima, al piano superiore, dove si vuole trasmettere all’interlocutore la complessità biografica e culturale del personaggio. Abbandonato alla nascita, William Copley viene adottato da una ricca famiglia di editori di Los Angeles e, in controtendenza con i valori repubblicani e conservatori ai quali era legata la sua famiglia, si iscrive al Partito Comunista degli anni quaranta e si lascia andare ai piaceri della vita: donne, alcol, diversi matrimoni e svariati figli. Copley, però, è anche un magnate dell’editoria, un gallerista e un editorialista e nella prima parte della mostra sono esposti i documenti e i capolavori collezionati nel corso degli anni nella sua galleria, affiancati da documenti che testimoniano le sue amicizie con diversi artisti surrealisti. La mostra alla Fondazione Prada per la prima volta, infatti, accosta la produzione di Copley a una serie di opere di Max Ernst, Renè Magritte, Man Ray e Jean Tinguely, un tempo parte della raccolta personale del pittore ed ora custoditi dalla Menil Collection. Una specifica sezione è dedicata alla personalità dell’artista: irruente e provocatoria, sarcastica e anticonformista che verrà poi approfondita al piano terra dove in uno spazio diviso in otto ambienti risalta il racconto delle sue passioni.

Lo spettatore farà fatica a non farsi coinvolgere dall’eros che trasuda dalle tele di Copley con le sue prostitute: tante, in gruppo, da sole o con uomini in un suggestivo kamasutra. Così come non riuscirà a non farsi ipnotizzare dalla sala degli specchi nella quale sette specchi intagliati, che assumono le sembianze di militari e cortigiane ricreano l’atmosfera calda e caotica di un bordello americano. Senza dimenticare le bandiere in tessuto, dedicate al tema dell’appartenenza geografica e culturale. Una mostra da non perdere che sarà possibile visitare fino all’otto gennaio 2017.

Alberta Montella