Don Chisciotte alla Scala: a 400 anni dalla sua morte, il Teatro omaggia ancora Miguel de Cervantes

don Chisciotte

Trentasei anni dopo la prima rappresentazione, in cui si esibirono sul palco del Teatro alla Scala Rudolf Nureyev e Carla Fracci, lo spettacolo di balletto Don Chisciotte resta un appuntamento fisso nel repertorio scaligero: stessa coreografia, ideata nel 1980 dal russo Nureyev, stesse suggestioni sceniche, stessa magia. Quella magia che –anche quest’anno – si è ripetuta per tutte le nove repliche previste dal cartellone.  

Il balletto è ispirato al capolavoro letterario di Miguel de Cervantes – di cui proprio quest’anno si celebrano i 400 anni dalla morte – che racconta le avventure del cavaliere Don Chisciotte e del fido Sancho Panza. Alla narrazione delle peripezie del cavaliere, s’intreccia la storia d’amore tra la giovane Kitri e il barbiere Basilio. Le musiche di Ludwig Minkus – eseguite dall’orchestra del Teatro, diretta da David Coleman -,  accompagnano le diagonali di pirouettes e il pas des deux nella radura incantata di Nicoletta Manni – étolie scaligera – nel ruolo di Kitri e di Claudio Coviello, nei panni di Basilio. La ricchezza coreografia si deve alla commistione di generi: dalla danza dei gitani al passo dei matadores. L’accuratezza del suo ideatore non disdegna, però, i canoni classici, da cui il balletto è magistralmente puntellato e il cui apice è la serie di fouettés eseguiti dalla prima ballerina a metà del primo atto. L’armoniosa complessità del balletto trasporta il pubblico in una Spagna affascinante, connotata da colori caldi e scenografie imponenti, curate da Raffaele Del Savio e Anna Anni.

Nell’insieme, il Corpo di Ballo della Scala si è espresso in una performance apprezzabile: la Kitri della Manni è risultata convincente, specie negli assoli e nei “passi a due”, dove ha mostrato una plasticità nei movimenti e un’eleganza non inferiori al rigore esecutivo. I suoi cambrés dalle linee morbide sono solo il preludio alla delicata variazione armoniosa del primo atto in cui è impegnata in numerosi salti. Claudio Coviello, al fianco dell’étoile, dà prova di una maturità artistica che si fa beffe dei suoi 24 anni. Energico ma leggiadro: lo spettatore resta incantato nell’assolo del terzo atto in cui a volteggiare al centro della scena sembra essere una piuma. Il sorriso del ballerino raggiunge anche i palchi più alti rendendo merito alla sua espressività facciale.

Unica nota – a mio avviso – stonata è il ruolo pallido che la trama del Balletto di Minkus dona a Don Chisciotte e a Sancho: ciò conduce a pensare che il romanzo offra al compositore austriaco solo un pretesto per sfoggiare un gusto per il folklore spagnolo. Gusto immediatamente colto da coreografi, costumisti e ballerini.

 di Francesca Del Vecchio

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