«Può un uomo essere diverso dalla sua storia?», se lo chiedeva spesso Salvatore Buzzi, citando Pier Paolo Pasolini, quando nel suo studio, con alle spalle l’immagine de “Il Quarto Stato” di Pelizza da Volpedo, concedeva interviste in cui raccontava i meriti ed i successi ottenuti negli anni dalla sua 29 Giugno. E adesso invece ci si chiede cosa resterà della stessa Cooperativa dopo che si saranno spenti i riflettori dell’inchiesta Mafia Capitale.
Perché, se l’operazione “Mondo di Mezzo” è riuscita a spazzare via il clan di Massimo Carminati con tutti i suoi potenti legami clientelari, altrettanto non poteva fare con quel sistema di cooperative, facente capo al suo braccio destro Buzzi, che nella capitale tuttora si occupa di settori fondamentali come la collaborazione con Ama per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti o la gestione dei centri di accoglienza profughi e dei campi rom. Un sistema senza il quale Roma rischierebbe il collasso. E allora, ad operazione conclusa, l’unica soluzione possibile era quella di congelare la situazione, almeno nel breve periodo, e dare ai nuovi organi amministrativi la possibilità di proseguire con l’attività ordinaria mantenendo gli attuali rapporti contrattuali, almeno finché questi stessi non scadranno e sarà poi il mercato e l’assegnazione dei nuovi appalti a decidere il futuro della 29 Giugno e di tutte le sue partecipate.
Nel mezzo stanno diverse centinaia di lavoratori che aspettano di scoprire cosa ne sarà del loro lavoro e della loro vita, e che, se interpellati sulla vicenda, risponderebbero: «Criminale o no, Buzzi mi ha aperto le porte del carcere dandomi un lavoro!»
Lorenzo Gottardo