“La realtà è complessa, ma lo spirito dell’uomo è semplice”, riflette a voce alta il Cardinale Scola. Poi prende tra le mani l’orologio appoggiato sul tavolo, per tenere d’occhio l’ora e non correre il rischio di dilungarsi troppo, e prosegue: “Anche su quest’orologio, che pure penso di conoscere bene, non saprei dirvi nulla: né dal punto di vista tecnico, né dal punto di vista metafisico, poiché non so né come funzioni, né che cosa sia in fondo nella sua essenza, interrogativo sul quale i filosofi si affannano da più di due millenni”. Utilizza questa metafora riferendosi all’economia e ai problemi della crisi, tentando di rispondere, da Vescovo e da Pastore, ai tanti interrogativi che Roberto Napoletano, direttore del Sole 24 Ore, gli ha posto qualche istante prima nel corso della sua breve prolusione. Occasione dell’incontro, la festa di San Francesco di Sales (28 Gennaio), patrono dei giornalisti, di cui la sala dell’Istituto dei Ciechi è gremita. Al desk degli accrediti dicono che gli spettatori siano circa 250, tra cronisti, fotografi e giornalisti televisivi, alcuni anche famosi e noti al grande pubblico. In realtà si vede bene che tra la platea degli “invitati” si nascondono pure tanti milanesi, che hanno colto l’occasione per conoscere al di fuori delle cerimonie ufficiali il loro nuovo arcivescovo. Così il Cardinale Scola – quasi in contrasto con l’immagine ieratica che proietta, vista la corporatura possente e il candore dei capelli sul rosso porpora della veste – si presenta al suo pubblico disteso e amichevole, pronto più alla battuta di spirito che non alla lezione ex cathedra. Perciò l’esempio dell’orologio restituisce bene il senso del suo dire attorno ai problemi dell’economia sollevati dal direttore Napoletano: “Da Pastore so poco dell’orologio – conclude Scola – ma devo dirvi che anche quest’oggetto deve essere posseduto nel distacco. La povertà infatti, che è cosa ben diversa dalla miseria, deve entrare nel nostro stile di vita, perché abbiamo solo in uso tutti i nostri beni. Lo stesso San Tommaso ipotizza che la proprietà privata sia sorta solo dopo il peccato originale, e che la reale funzione dei beni materiali non sia l’appropriazione da parte dei singoli, ma una destinazione universale”.
Qualche minuto prima Napoletano ricordava il tempo in cui l’Italia si rivelò in grado di ricostruire se stessa, nel dopoguerra: allora un leader cattolico democratico come Giuseppe Dossetti aveva scelto come Presidente della Repubblica un liberale, che si era addirittura espresso per la monarchia: Luigi Einaudi. Napoletano citava anche il Nobel milanese Giulio Natta, figura paradigmatica di un progresso industriale che si alimentava delle risorse scientifiche e civili di un Paese sino a dieci anni prima in ginocchio, a causa della dittatura e della guerra.
Il cardinale, teorico di quel che egli stesso definisce un “meticciato culturale”, si mostra subito concorde con i parallelismi istituiti dal direttore del Sole, ed è certo del punto di ri-partenza: “Bisogna riaccendere la generazione ‘Neet’, i milioni di giovani tra 15 e 29 anni, ‘not in education, employement or training’, ai quali è necessario restituire desiderio e prospettive”. Poi Scola cita Ricoeur e Maritain, allargando lo sguardo sui problemi dell’economia, e ricordando che anche la crisi “va inserita nel più complesso concetto di travaglio”, e riaffermando che la Chiesa, in questo scenario, è ancora portatrice di “una proposta conveniente, nel senso medievale del termine, cioè vantaggiosa in quanto adeguata ai bisogni dell’uomo e all’incertezza del momento”.
Rivolgendosi in particolare ai giornalisti, Scola legge qualche riga dall’ultimo libro di Martini, ‘Il Vescovo’, e poi chiosa incisivamente: “E’ vero che non tutte le verità debbono sempre essere dette. Ma per nessun motivo è lecito andare contro la verità”. Poi, per stemperare un po’ il tono degli ammonimenti, prende se stesso ad esempio da manuale fra “verità” e “verosimiglianza” nel campo del giornalismo: “Dicono: Scola e il presidente della Regione Lombardia, Formigoni, sono nati entrambi a Lecco, hanno militato entrambi in Cl, sono stati amici per tanto tempo: sarà mai possibile che Scola non c’entri niente con Formigoni? No, non c’entra niente!”. E riguardo la propria militanza in Cl, specifica ancora: “Da quando sono vescovo non partecipo a riunioni organizzative, e in Cl non conosco più nessuno che abbia meno di sessant’anni”.
Viene poi il momento delle domande – la platea di giornalisti non si fa certo pregare – e all’interrogativo posto dal professor Stefano Rolando, giornalista pubblicista e docente della Iulm, sulle ragioni di una certa inclinazione della stampa a raccontare più la patologia e i lati oscuri della realtà, che non la fisiologia e le proposte che vengono dalla società civile, il cardinale risponde ancora da Pastore, consapevole del suo ruolo e rispettoso della professionalità dei presenti: “Se il giornalista tenesse a mente che esiste un prima e un oltre, forse cambierebbero pure le sue scelte nella selezione delle notizie: terrebbe più presente la relazione autentica, e quindi la fisiologia, le proposte e la riflessione sui processi economici, politici e civili”.
Marco Giorgetti