A MasterX l’amica di Silvia, rapita in Kenya: “Voleva lavorare in Africa”

«Silvia era entusiasta dell’esperienza in Africa. Voleva lavorare lì». Giulia Frosi, che si occupa di selezionare volontari per la onlus Africa Milele, ha conosciuto Silvia Costanza Romano, la 23enne milanese rapita martedì sera in Kenya, ad agosto: «Era partita a fine luglio per due mesi come volontaria, di cui uno nell’ orfanotrofio per l’associazione Orphans’s Dreams e uno assieme a Africa Milele, in cui ci siamo conosciute» spiega Frosi. A fine settembre Silvia era tornata nuovamente a Milano per rivedere i genitori e sistemare le ultime cose prima della ripartenza prevista a inizio novembre: «Ci siamo incontrate durante una cena organizzata dall’ associazione, poi lei sarebbe ripartita fino a gennaio – racconta Giulia – so che, appena arrivata in Africa, era tornata a salutare i suoi bambini dell’orfanotrofio, poi si era spostata, insieme ad altri due ragazzi reclutati a Mombasa, per il villaggio di Chakama, in cui avrebbe iniziato a lavorare come cooperante per Africa Milele».

Giulia Frosi (a destra) insieme a Silvia Costanza Romano

Silvia voleva conoscere la realtà delle onlus, e con l’inizio del nuovo anno sarebbe volata in Tanzania per  continuare la sua esperienza. La giovane milanese si è laureata la primavera scorsa in Mediazione Linguistica per la Sicurezza e Difesa Sociale con una tesi sulla tratta, perciò aveva lasciato l’Italia per capire da vicino come fosse il continente africano. «Silvia si trovava al Chakama Hotel, una struttura in cui da cinque anni Africa Milele affitta stanze per volontari e referenti – racconta Giulia – Non si rimane mai da soli nel villaggio. Oltre alla comunità ci sono due masai; uno fa da intermediario tra la popolazione e la onlus, l’altro si chiama John ed è di guardia con il rungu, un bastone con un’estremità a forma di palla». Frosi è stata avvertita del rapimento subito dopo il sequestro: «John è stato prelevato probabilmente perché si è messo in mezzo, per poi essere rilasciato subito dopo ai confini del villaggio – commenta la ragazza, che prosegue – chiunque sia l’artefice, somalo o meno, sapeva che Silvia era l’unica volontaria bianca nel centro del villaggio».

Intanto in Kenya sono stati arrestati 14 complici del commando di sequestratori. A segnalarli alle forze dell’ordine dopo aver tentato di linciarli sono stati gli abitanti del villaggio in cui si sono svolti i fatti. L’ipotesi iniziale di terrorismo ha lasciato spazio a quella più accreditata di criminalità comune, ma non è comunque escluso che la ragazza possa ora essere venduta al migliore offerente e finire nelle mani degli islamisti, tra i quali i somali di Al Shabaab.

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