Il Viminale pagherà 1 milione di euro ai figli di
Dalla Chiesa

Ammonta a 1 milione e 200 mila euro la cifra che il Viminale deve come risarcimento ai figli del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Dopo una prima sentenza che spostava ogni responsabilità sulle spalle del boss condannato Raffaele Ganci, ora la II Corte d’Appello ribalta il verdetto.

Era il 2018 quando la I Corte d’Appello sosteneva il Viminale argomentando che i tre figli del generale Dalla Chiesa, assassinato da Cosa Nostra nel 1982 insieme alla moglie e all’agente di scorta, dovessero chiedere il risarcimento civile dei danni a Ganci, nullatenente. La sentenza liberava da ogni responsabilità il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso. Tale fondo, gestito dal Viminale e istituito con la legge del 1999, permette il risarcimento delle vittime solo entro i limiti della disponibilità finanziaria annuale, che comunque è scarsa.

La II Corte d’Appello ribalta la sentenza. E’ il Viminale a dover pagare

Ora, però, la II Corte d’Appello ha ribaltato il verdetto di un anno fa. Ad essere condannando ora è il Fondo che deve risarcire i tre figli di Dalla Chiesa – Nando, Rita e Maria Simona – con 400 mila euro a testa. La Corte osserva che «in assenza di una norma che specificatamente impedisca al danneggiato di agire nel medesimo giudizio contro l’autore del reato, nulla osta che il Fondo sia condannato in solido con il reo». La sezione d’Appello civile di Milano motiva tale scelta sottolineando come i tre figli «in età ancora giovane abbiano subito gravi sofferenze a seguito della tragica perdita del padre, eminente esponente delle istituzioni e ineludibile punto di riferimento e di impegno sociale per tutta la famiglia».

La cifra, arrivata a poco più di un milione totale, è stata quantificata sulla base dell’importo massimo di 331 mila euro. Così è infatti previsto dalle tabelle dell’Osservatorio 2018 sulla giustizia civile di Milano. A portare tale spesa a quota 400 mila a testa è stata «l’efferatezza e gravità del crimine, la finalità, la risonanza mediatica, l’ampia fascia temporale richiesta per l’identificare i colpevoli, i prolungati stati di tensione e pressione emotiva subiti dai figli della vittima».

Giulia Taviani

24 anni, nasco a Verona, mi sposto a Milano ma sogno Bali. A sei anni ho iniziato a scrivere poesie discutibili, a 20 qualcosa di più serio. Parlo di attualità nel podcast "Mo' To' Spiego" e di vino in "De Buris: Il lusso del tempo". Ho scritto di cinema, viaggi, sport e attualità, anche se sono fortemente attratta da ciò che è nascosto agli occhi di tutti. A maggio 2020 ho pubblicato il mio primo libro "Pieno di Vita"

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