«L’importanza di chiamarsi Ernesto» torna al Teatro Elfo Puccini

«Mi ameresti anche se non mi chiamassi Ernesto?» È questa la domanda su cui si basa L’importanza di chiamarsi Ernesto, celebre opera di Oscar Wilde.

Lo spettacolo torna con la sua seconda edizione, dopo il successo del 2017, al Teatro Elfo Puccini di Milano. La sua prima rappresentazione è andata in scena ieri sera, e verrà riproposta fino a fine dicembre. Firmata dai registi Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, la commedia riporta sul palco tematiche attuali in modo ironico e coinvolgente.

I protagonisti de “L’importanza di chiamarsi Ernesto”, in scena fino a fine mese al Teatro Elfo Puccini. Foto di Laila Pozzo

La storia è ambientata nella Londra di fine ‘800, ma raccontata attraverso una scenografia e una colonna sonora moderne e stravaganti. Sulla scena appaiono subito i due protagonisti: Jack Worthing (Giuseppe Lanino) e Algernon Moncrieff (Riccardo Buffonini). Innamorati rispettivamente di Gwendolen Fairfax (Elena Russo Arman) e Cecilia Cardew (Camilla Violante Scheller), i due nascondono alle fidanzate la loro doppia identità. Jack è conosciuto a Londra con il falso nome di Ernesto, lo stesso che utilizza l’amico Algernon per presentarsi a Cecilia. Per le due donne infatti, il “chiamarsi Ernesto” è fondamentale, tanto da indurle a rifiutare tutti gli spasimanti con nomi diversi. È proprio intorno a questo equivoco che nel corso dell’opera nascono e si sviluppano una serie di intrighi e incomprensioni.

«Mettere in scena Ernesto non è stato particolarmente difficile, perché i personaggi sono stati disegnati in maniera netta. Da questo punto di vista la regia e la traduzione sono state di grande aiuto», ha commentato Giuseppe Lanino a MasterX. «La difficoltà di Ernesto è stato il fatto che attorno a lui girasse tutta la storia. Una sorta di perno e marionettista mosso in realtà da qualcun altro. C’è questo triplo-gioco a reggere la commedia».

La doppia-identità di Ernesto

Una rigida divisione in classi, l’importanza del denaro e l’ipocrisia del matrimonio: questi alcuni dei temi riproposti dagli attori attraverso una recitazione ironica, accattivante e a tratti esagerata.

Il protagonista ne ha voluto evidenziare un altro: la doppia-identità. Come lo stesso Ernesto si presenta sotto panni diversi a persone diverse, così oggi con i social network le persone posso essere in un modo e apparire in un altro. «Il testo sembra antico», osserva Lanino, «ma in realtà non lo è, perché l’apparire o l’essere è una tematica sulla quale si fonda tantissimo teatro, e qua è attualissima. Più oggi che negli anni ’50 e ’60».

Il cast dello spettacolo “L’importanza di chiamarsi Ernesto” al gran completo.
Giulia Taviani

24 anni, nasco a Verona, mi sposto a Milano ma sogno Bali. A sei anni ho iniziato a scrivere poesie discutibili, a 20 qualcosa di più serio. Parlo di attualità nel podcast "Mo' To' Spiego" e di vino in "De Buris: Il lusso del tempo". Ho scritto di cinema, viaggi, sport e attualità, anche se sono fortemente attratta da ciò che è nascosto agli occhi di tutti. A maggio 2020 ho pubblicato il mio primo libro "Pieno di Vita"

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