Papa: «Rendo pubblici gli archivi su Pio XII e seconda guerra mondiale»

Due marzo 1939: il cardinale Eugenio Pacelli viene eletto Papa assumendo il nome di Pio XII. Ad ottant’anni di distanza l’attuale Santo Padre Jorge Mario Bergoglio annuncia, durante l’udienza concessa all’Archivio Segreto Vaticano, l’apertura a studiosi e ricercatori, tra un anno, dei documenti riguardanti proprio il pontificato di Pio XII.

«Ha condotto la Chiesa in anni difficili» ha detto Papa Francesco, «Uno dei momenti più bui e tristi del ventesimo secolo, agitato e in tanta parte squarciato dall’ultimo conflitto mondiale, con il conseguente periodo di riassetto delle nazioni e la ricostruzione postbellica». Pio XII è stato infatti il Papa che ha guidato la Santa Sede durante la seconda guerra mondiale e tutti gli eventi successivi fino alla sua morte a Castel Gandolfo il 9 ottobre 1958.

«Questa figura – continua Bergoglio – è già stata indagata e studiata in tanti suoi aspetti, a volte discussa e perfino criticata. Oggi invece essa è stata opportunamente rivalutata e posta nella giusta luce per le sue poliedriche qualità: pastorali, anzitutto, ma poi teologiche, ascetiche e anche diplomatiche».

Papa Francesco è sicuro che «la seria e obiettiva ricerca storica saprà valutare nella sua giusta luce, con appropriata critica, momenti di esaltazione di quel Pontefice ma anche i momenti di difficoltà, di tormentate decisioni, di umana e cristiana prudenza, che a taluni poterono apparire reticenza, e che invece furono tentativi, umanamente anche molto combattuti, per tenere accesa, nei periodi di più fitto buio e di crudeltà, la fiammella delle iniziative umanitarie. La Chiesa non ha paura della storia, anzi, la ama, e vorrebbe amarla di più e meglio, come la ama Dio. Quindi, con la stessa fiducia dei miei predecessori, apro e affido ai ricercatori questo patrimonio documentario» conclude.

Per gli studiosi e ricercatori appassionati e interessati appuntamento quindi al 2 marzo 2020.

Niccolò Bellugi

Senese, laureato in Scienze Politiche. Da toscano capita che aspiri qualche consonante, ma sulla "c" ci tengo particolarmente: Niccolò, non Nicolò. La mia è una sfida: mascherare il mio dialetto originario per poter lavorare in televisione o radio. Magari parlando di Sport. Ma tutto sommato va bene anche un giornale, lì non ho cadenze di cui preoccuparmi.

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