De Pisis al museo del Novecento: un percorso pittorico pieno di imprevisti

Sta riscuotendo un enorme successo l’ampia retrospettiva che, dal 4 ottobre al 1 marzo 2020, il Museo del Novecento sta dedicando al più anarchico degli artisti italiani di stanza a Parigi nei primi anni del ventunesimo secolo: Filippo De Pisis. La mostra è promossa e prodotta dal Comune di Milano|Cultura e dalla casa editrice Electa con il sostegno dell’Associazione per Filippo De Pisis. Un percorso a cura di Pier Giovanni Castagnoli e Danka Giacon, che si dipana in dieci sale e che, seguendo un andamento cronologico,  racconta tutta la ricerca dell’artista ferrarese. Se non fosse partito per Parigi, De Pisis sarebbe rimasto ai margini del localismo italiano che ha caratterizzato la pittura dell’ottocento, negli stessi anni in cui la Francia adorava “una nuova verità ottica”, ovvero l’impressionismo, e non solo: un nuovo modello culturale si sviluppava al di là delle Alpi, una mutazione irrefrenabile spinta da costanti venti di modernità: le avanguardie storiche.

La Parigi di De Pisis

De Pisis giunge nella Parigi di André Breton. Una città che si appresta a rotolare nel vertice del Surrealismo. Il pittore ferrarese ne carpisce tutta l’energia e l’intensità: da lì in avanti la sua cifra pittorica intrisa avrà una svolta improvvisa. I continui viaggi per l’Europa, il contatto febbrile con la “Ville Lumière” e i numerosi incontri, ne influenzeranno la prospettiva. Prende parte al gruppo “Les Italiens de Paris” a Montparnasse, con De Chirico e Campigli; alla Closerie de Lilas incontra Picasso, Chagall, Mirò e Guillaume Appolinaire. Si racconta che una sera De Pisis fece a botte con il pittore Alberto Savinio. Forse le sue intemperanze sono tutte concentrare in una parabola pittorica scandita da continui ritorni e improvvise fiammate. Metafisica, tavole paesaggistiche, ritratti, letteratura e poesia.

La Poetica in mostra

L’esposizione milanese vanta 90 dipinti, tra vedute urbane, nature morte e fantasie marine, che raccontano tutta la sua pratica, dagli inizi del 1916, alla folgorazione avvenuta con la pittura metafisica di De Chirico, sino agli ultimi anni della sua carriere. La “Natura morta isterica” (1919), “Le cipolle di Socrate” (1926) del Museo di Grenoble e “Soldatino francese” (1937) sono alcune delle opere in mostra che rivelano la sua variegata poetica.

Capire De Pisis vuol dire vacillare fra un’incredibile varietà di soggetti, distillare pian piano dalle cose il suo personale talento; significa indagare un percorso pittorico ricco di imprevisti pittorici. La mostra di Filippo De Pisis è intrisa di bellezza: la rinuncia alla ricerca dell’impressionismo francese favorisce quel  richiamo a elementi della cultura italiana che sono tuttora sospesi in un orizzonte perentorio. Dalla primavera 2020 l’esposizione sarà ospitata al Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps, prendendo parte al programma dedicato all’arte del Novecento italiano.

 

Rino Terracciano

giornalista praticante e curatore d'arte. Scrive per Masterx-IULM. Ha lavorato e collaborato con Accademie e Istituzioni museali come Académie de France à Rome, Accademia di Francia in Roma, Villa Medici; Museo Bilotti - Aranciera di Villa Borghese, Museo Archivio Laboratorio per le Arti Contemporanee Hermann Nitsch, Napoli.

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