Gianni Canova: «Quando chiude un cinema inizia il declino di un paese»

«A me sta molto a cuore il tema degli spazi culturali. Io credo che quando in una città chiude un cinema o un teatro, quello sia l’inizio di un declino irreversibile. Per cui, chi consente che ciò accada produce danni irreparabili sul futuro della comunità di riferimento. In questi pochi mesi che sono diventato rettore della Iulm, l’Università ha dato una sola laurea ad honorem a Julia Kristeva, grande intellettuale francese, che ha delineato un quadro preoccupante per il suo paese, connesso al tema dei gilet gialli. Loro non sono parigini ma vengono dalla provincia e dalle campagne dove è iniziato pian piano il disagio, attraverso la chiusura, una dopo l’altra, di cinema, teatri, ristoranti ed infine scuole. Lì comincia la crisi di un paese. Ed il primo segnale è proprio la chiusura del cinema». Così Gian Battista Canova, critico cinematografico, accademico e rettore dell’Università Iulm, nel suo intervento durante la conferenza stampa che ha presentato la ricerca “Spazi culturali ed eventi di spettacolo: un importante impatto economico”.

Il progetto, curato dalla Camera di Commercio, dall’Associazione Generale Italiana dello Spettacolo, dalla Confcommercio e dalla stessa Università Iulm, ha stimato le ricadute socioeconomiche generate sul territorio dalle attività di sale cinematografiche, teatrali e dei festival culturali. «All’Università Iulm – continua Canova – crediamo che le industrie creative, il mondo della comunicazione e il mondo della cultura siano centrali non solo sul piano valoriale, ma proprio sul piano economico per il Pil che producono, per gli investimenti e le possibilità occupazionali che aprono. Dentro questa visione, fare ricerche in questa direzione credo sia utile, doveroso e necessario. Se questa ricerca può dare un piccolo contributo, o un segnale d’allarme, per far sì che i cinema e i teatri, o tutti quei luoghi di spettacolo, restino aperti daremo un grosso contributo alla tenuta del tessuto civile, sociale ed economico di questo paese».

Niccolò Bellugi

Senese, laureato in Scienze Politiche. Da toscano capita che aspiri qualche consonante, ma sulla "c" ci tengo particolarmente: Niccolò, non Nicolò. La mia è una sfida: mascherare il mio dialetto originario per poter lavorare in televisione o radio. Magari parlando di Sport. Ma tutto sommato va bene anche un giornale, lì non ho cadenze di cui preoccuparmi.

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