La rivoluzione silenziosa, l’elettrico conquista il motorsport

Tutto ebbe inizio nella città delle luci. Era il 3 marzo 2011 quando Jean Todt, presidente della FIA (Federazione Internazionale dell’Automobile), l’allora presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani e l’imprenditore spagnolo Alejandro Agag ebbero l’idea. Seduti intorno a un tavolo, pensarono di creare una competizione automobilistica riservata ad auto completamente elettriche, da correre su circuiti cittadini allestiti appositamente nelle città di tutto il mondo. Una visione rivoluzionaria, perché fino a quel momento l’elettrico era rimasto al più complementare nel mondo del motorsport. Pensiamo alla 24 ore di Le Mans, il banco di prova più duro per una vettura da corsa, ma anche quello dove le maggiori case automobilistiche hanno sperimentato le innovazioni tecnologiche che sono poi entrate nella vita di tutti i giorni. I tergicristalli e i fari a LED, per fare degli esempi. Ecco, neanche alla classica francese qualcuno aveva pensato di portare in pista un veicolo al 100% elettrico.

Alejandro Agag insieme a una Formula E di prima generazione

Tre anni dopo, nel settembre 2014, prese il via il primo campionato mondiale di Formula E, sul circuito cittadino di Pechino. Certo, all’inizio i limiti del progetto erano grandi: le auto, tutte uguali e costruite in collaborazione da diverse aziende europee, tra cui l’italiana Dallara, erano motorizzate da un propulsore elettrico identico per tutti, che con la carica di batteria consentiva di coprire poco più della metà della distanza di gara. Era necessario perciò un cambio di auto a metà della corsa per arrivare in fondo, limite che si è conservato per le successive tre stagioni. Inoltre, i tifosi si sono subito lamentati dell’assenza di un rumore distintivo di queste vetture, paragonandole ad aspirapolvere e sostenendo che il motore elettrico “spegnesse” l’elemento passionale dello sport.
Dal secondo anno è stato liberalizzato lo sviluppo dei propulsori, attraendo così l’interesse di diverse case automobilistiche. Se all’inizio il coinvolgimento in Formula E era stato di sole strutture private, con il passare degli anni Renault, Audi, Jaguar hanno deciso di investire. Ma è parso chiaro che un cambiamento dovesse essere attuato per raggiungere la piena  maturità. Maturità che arriverà con la stagione numero cinque. Il 15 dicembre 2018 a Riyad, in Arabia Saudita, 22 auto prenderanno il via della prima gara di una nuova era del campionato elettrico più importante del mondo. Nuove vetture, più potenti e dal look più avveniristico, ma soprattutto nuove batterie che dureranno tutta la gara. È finita l’era della sperimentazione, nel segno del progresso tecnologico. Ora infatti entrano davvero tutti i colossi dell’automotive internazionale: Nissan e BMW già da quest’anno, Mercedes si prepara per il prossimo. Il flusso di capitali che queste grandi aziende porteranno farà scattare una corsa all’innovazione tecnologica che non potrà che giovare all’industria in generale.

L’Audi Formula E di nuova generazione, portata in pista da Daniel Abt

Una delle possibili preoccupazioni che gli organizzatori della serie elettrica avevano avuto nella prima stagione era il livello dei piloti partecipanti. Sin dall’inizio era parso chiaro che la Formula E si rivolgesse a piloti già affermati, quasi tutti con precedente esperienza in Formula Uno. Non è un caso che i primi quattro campioni siano tutti ex piloti della massima serie. Il rischio che la Formula E potesse diventare un “cimitero degli elefanti” per chi non trovava più spazio nel più prestigioso palco delle quattro ruote è stato concreto, almeno all’inizio. L’entry list della stagione 2018-2019 l’ha però scongiurato, dimostrando che c’è spazio anche per piloti più giovani, meno affermati, che ambiscano a costruirsi una carriera in questa categoria, anziché concluderla.

Che l’esperimento di Todt e Agag sia riuscito lo dimostra la creazione di un analogo campionato full-electric da parte della Dorna, l’ente che organizza il Motomondiale. Questa categoria, che partirà nel 2019 e affiancherà 5 round della MotoGp, ha ricevuto la denominazione di Campionato Mondiale dalla FIM, la federazione internazionale degli sport motociclistici. La MotoE, questo il nome scelto, sembra vivere la stessa traiettoria della Formula E: nasce come monomarca, con 18 identiche Energica Ego (costruite in Italia) a disposizione dei piloti. A gestirle sono squadre già nell’orbita del Motomondiale. Per quanto riguarda i piloti, infine, alcuni di loro sono vecchie glorie che tornano in attività per godersi un ultimo sprazzo di notorietà, mentre altri sono giovani che, non trovando più spazio in altre categorie, hanno scelto di lanciarsi in questa nuova avventura nella speranza di dare una svolta alla loro carriera.

La Energica Ego di MotoE provata da Max Biaggi

Apparentemente, l’elettrico è il futuro degli sport motoristici. Se persino la Formula Uno si è convertita all’ibrido, non è infondato pensare che tra dieci anni MotoE e Formula E possano essere la vera vetrina dell’innovazione tecnologica portata avanti dai colossi mondiali dei settori automobilistico e motociclistico.

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