Verso Pyeongchang/2
L’uomo nero di Grenoble

Continua il viaggio a puntate verso il 9 febbraio, quando si apriranno i XXIII Giochi olimpici invernali di Pyeongchang, in Corea del Sud. Dopo l’impresa della nazionale statunitense di hockey a Lake Placid 1980, nella seconda tappa ripercorriamo il più grande giallo della storia olimpica.

È la pagina più controversa della storia dello sci alpino e di 94 anni di Olimpiadi invernali. Una vicenda di medaglie d’oro revocate e classifiche riscritte, che ha per protagonisti i primi due divi della neve. Oltre a un uomo nero di cui, a 50 anni di distanza, non sono state dimostrate né l’identità, né l’esistenza.

È il 17 febbraio 1968 quando sulle piste di Chamrousse va in scena l’ultima gara di sci alpino dei Giochi di Grenoble, lo slalom speciale maschile. Il favorito è il francese Jean-Claude Killy, 24 anni. Ha già partecipato ai Giochi del 1964, a Innsbruck, dove ha gareggiato però a mezzo servizio: era fiaccato da dissenteria amebica ed epatite, contratte nell’estate 1962, quando prestava servizio militare in Algeria. Nella stagione 1966-67 ha cannibalizzato la prima edizione della Coppa del Mondo: 12 successi su 17 gare, vittorie nella classifica generale e in tutte le classifiche di specialità. Il 17 febbraio scia per molto più della medaglia d’oro. Il 9 ha conquistato la discesa libera, il 12 lo slalom gigante e può ora completare una tripletta riuscita soltanto a Toni Sailer nel 1956, a Cortina.

Jean-Claude Killy (a sinistra) e Guy Périllat, primo e secondo nella discesa libera

Il sorteggio assegna a Killy il numero 15. Nonostante una pista segnata dai passaggi degli altri favoriti, il francese firma il miglior tempo, ma la gara resta aperta, con 14 atleti racchiusi in 7 decimi di secondo. Prima della seconda manche, su Chamrousse cala la nebbia.  Costretto a scendere per primo, Killy non se la sente di rischiare. Non solo a causa della visibilità: appena un minuto prima del via, quando non c’era più tempo per rimediare, si è accorto che due fibbie del suo scarpone destro sono rotte. Il suo tempo finale è buono, ma battibile. E infatti il norvegese Håkon Mjøen fa meglio, per 55 centesimi. Per circa un quarto d’ora la tripletta sembra sfumata, finché la giuria squalifica Mjøen per avere saltato due porte. Poi, tocca a Karl Schranz.

Karl Schranz impegnato nella discesa di Wengen, sulla pista del Lauberhorn, nel 1966

Austriaco dell’Arlberg, Schranz si è laureato due volte campione del mondo a Chamonix nel 1962, a 23 anni. Anch’egli competitivo in tutte le specialità, a Grenoble sembra una stella in declino: da quando è stata istituita la Coppa del Mondo, non ha ancora vinto una gara. Nella prima manche firma però il terzo tempo, a 32 centesimi da Killy. Nella seconda, quando il pubblico lo aspetta al traguardo, Schranz non arriva. Si è fermato a metà pista: una figura nera – sostiene – ha attraversato la pista davanti a lui. Schranz risale fino alla partenza, insieme a due delegati della Federazione internazionale e a un atleta della Germania dell’Est che confermano la sua versione. Un membro della giuria gli concede di ripetere la manche.

Forte anche del vantaggio di avere già provato un terzo del tracciato, Schranz sbriciola il tempo di Killy: per un’ora è campione olimpico. Nel primo pomeriggio, al parterre inizia però a circolare la voce di una riunione della giuria in corso. E la notizia è fondata, perché un giudice di gara ha segnalato che Schranz, prima di fermarsi, aveva già saltato due porte, le stesse di Håkon Mjøen: nella nebbia, aveva seguito le tracce del norvegese, che lo avevano portato fuori pista. Schranz non nega, ma sostiene che era stato l’uomo nero intravisto in mezzo alla nebbia a distrarlo. Gli austriaci insinuano addirittura che la sagoma fosse quella di un agente di sicurezza francese, entrato di proposito sul tracciato.

Karl Schranz riceve le congratulazioni di Jean-Claude Killy e Toni Sailer

La decisione della giuria arriva dopo 5 ore: con verdetto di 3 voti a 2, Schranz è squalificato. A suo favore si pronunciano un norvegese e un britannico – lo stesso che gli aveva accordato la ripetizione della seconda manche –, contro due francesi e uno svizzero. La vittoria passa a Killy, che per soli 9 centesimi di secondo ha resistito alla rimonta nella seconda manche di Herbert Huber, 23enne austriaco con le stigmate del fuoriclasse, quattordicesimo dopo la prima. Tanto talentuoso quanto fragile, morirà suicida due anni più tardi, impiccandosi nella sua stanza, dopo avere combattuto con la depressione.

«Un oro in più o in meno non fa differenza»

– Jean-Claude Killy

Killy liquida la vicenda con un misto di sportività e spocchia: «Se sono stato battuto, a sconfiggermi è stato un campione. In ogni caso, un oro in più o in meno non fa differenza». Due mesi più tardi, dopo avere conquistato un’altra Coppa del Mondo, dà l’addio allo sci. Si dedica alle corse automobilistiche e diventa testimonial di marchi come Chevrolet, United Airlines, American Express e Moët & Chandon. Nel 1972 approda a Hollywood per interpretare il protagonista di Grande slalom per una rapina, poliziesco ambientato in una stazione sciistica alpina. Dopo una nuova parentesi agonistica nel circuito professionistico americano, tra il 1972 e il 1975, conduce due trasmissioni televisive negli Stati Uniti. È decisivo per portare le Olimpiadi invernali del 1992 in Francia, ad Albertville. Le gare maschili di sci alpino si tengono a Val d’Isère, in un comprensorio ribattezzato Espace Killy.

Schranz prosegue invece la sua carriera dopo Grenoble. Succede a Killy nell’albo d’oro della Coppa del Mondo, nel 1969 e nel 1970, prima dell’inizio del monopolio della Valanga Azzurra. Gareggia fino alla stagione 1971-72, quella delle Olimpiadi di Sapporo. Avery Brundage, 84enne presidente del Cio, è impegnato in quel periodo in una crociata contro il professionismo alle Olimpiadi. Pensa in particolare agli sciatori, che riescono a incassare soldi dagli sponsor tecnici tramite stratagemmi studiati dalle federazioni nazionali. Brundage minaccia di escludere dai Giochi fino a 40 fra i migliori sciatori al mondo, che nella polemica scelgono perciò un basso profilo. Tutti, tranne Schranz. «Che ne capiscono i dirigenti del Cio, che non sono mai stati poveri?», si chiede in un’intervista. Brundage si attiva e convince il Cio a estromettere l’austriaco, già volato in Giappone, dai Giochi di Sapporo. Al rientro a Vienna, Schranz trova ad accoglierlo 200.000 persone che chiedono – invano – il ritiro dell’intera nazionale olimpica. A cinquant’anni di distanza dallo slalom di Grenoble, continua a sostenere di essere stato derubato della medaglia d’oro.

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