Lombardia, Maroni conferma: «Non mi ricandido». Per lui un posto a Roma?

Roberto Maroni, presidente uscente della Regione Lombardia

«Non mi ricandido come presidente della Regione, ma metto comunque a disposizione la mia esperienza». Sono le parole del diretto interessato, Roberto Maroni, a confermare la decisione di non proseguire con un secondo mandato alla guida della Lombardia. Le ha pronunciate al Pirellone, durante la conferenza stampa di lunedì mattina, di fronte a una platea gremita di giornalisti. Nell’elencare gli obiettivi raggiunti durante il suo governo, Maroni ha rivendicato la vittoria nel referendum per l’autonomia della Lombardia: «il voto elettronico è stato un successo», ha detto, «un sistema mai sperimentato prima e che ho messo a disposizione del governo qualora intendesse utilizzarlo alle prossime elezioni politiche». E poi ha continuato: «Il popolo sovrano si è espresso con forza a favore dell’autonomia. Domani (Martedì, ndr) sarò a Roma e mi pongo come sfida, prima della fine del mandato, di riuscire a firmare l’accordo con Roma riguardo alle materie che diverranno di competenza della Lombardia».

Per succedergli come candidato del Carroccio alle elezioni regionali, che si terranno il prossimo 4 marzo, Maroni ha indicato Attilio Fontana, ex sindaco di Varese (in corsa anche Mariastella Gelmini di Forza Italia). Ma la partita più interessante è quella legata al futuro del governatore uscente. L’annuncio della non candidatura, infatti, è arrivata al termine del vertice di Arcore direttamente dai tre leader della coalizione di centrodestra – Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni e Matteo Salvini – che si erano trovati proprio per delineare programma di governo e candidati. Circostanza singolare, alla quale si aggiunge la vaghezza delle motivazioni di Maroni: «Non ho problemi di salute, a parte un raffreddore. Lascio per motivi personali che non c’entrano con la politica. Tuttavia se me lo chiedono, metto a disposizione la mia esperienza di governo». Una frase che lascia aperte tutte le porte.

E c’è già chi è pronto a scommettere su un incarico da ministro, qualora vincesse il centrodestra alle politiche. Addirittura si vocifera di una sua possibile candidatura come Premier. Ipotesi non del tutto campata per aria, rafforzata dalla non candidabilità di Berlusconi e dal fatto che Maroni potrebbe rappresentare un punto di sintesi tra Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia. E lui parte già all’attacco del candidato premier del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio: «è una Virginia Raggi al cubo. Con lui Presidente del Consiglio l’Italia rischia di fare la fine di Spelacchio. Spero non avvenga». Prove di campagna elettorale? (MA)

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