Zimbabwe, il golpe “gentile” toglie di mezzo Mugabe

AGGIORNAMENTO: Mugabe ha presentato le dimissioni al parlamento mentre l’ex vice presidente Mnangagwa si appresta a giurare per subentrare nella carica.

Il capo del governo dello Zimbabwe, il dittatore 93enne Robert Mugabe, è costretto agli arresti domiciliari dallo scorso 17 novembre. Ad assicurarsi che non esca di casa ci sono i militari, che però assicurano che non si tratta di un colpo di stato. Le forze dell’esercito hanno occupato la sede della tv pubblica ed estromesso Mugabe e sua moglie dalla guida del partito di maggioranza del Paese mentre una folla festante si riversava per le strade della capitale, Harare.

La miccia della bomba che potrebbe far saltare la poltrona del più anziano capo di stato del mondo è stata accesa dallo stesso Mugabe, con il licenziamento del suo vice: Emmerson Mnangagwa. L’ex ministro per la sicurezza con forti agganci nell’esercito dello Zimbabwe, avrebbe quindi mobilitato l’esercito nel tentativo di portare alle dimissioni spontanee del dittatore che però non ha lasciato, anzi. Durante la diretta-tv con la quale avrebbe dovuto prendere commiato dai suoi cittadini, Mugabe ha parlato dell’importanza di rimanere uniti e di evitare inutili violenze, salutando il Paese con un buonanotte e un nulla di fatto che hanno lasciato di stucco i generali che facevano da sfondo alla diretta.

I presuppposti del golpe ci sono tutti e la popolazione, affamata da anni di malgoverno, sta supportando il tentativo di rovesciare l’esecutivo. Cosa fare per togliere il leader di mezzo se lui non collabora? L’eliminazione fisica sembra essere fuori discussione. Come ha fatto notare David Coltart, politico della minoranza all’opposizione, tra le pagine del Guardian, Mugabe in passato è stato un simbolo della liberazione del paese dai colonialisti britannici. Il suo governo, nonostante sia stato accusato di brogli alle elezioni,  corruzione e di modifiche arbitrarie alle regole costituzionali per rimanere al potere, è riconosciuto come legittimo sia dall’African Union, che dall’ONU.

Evitare le violenze e procedere verso un cambio di vertice ordinato e dalle apparenze costituzionali: lo Zimbabwe sembra sapere che la comunità internazionale e gli investitori stranieri non gradirebbero l’ennesimo rovesciamento di un governo da parte dei militari (sono stati 87 i colpi di stato nel continente africano dagli anni ’50 a oggi). Nel frattempo Mnangagwa ha preso le redini del partito di maggioranza e si prepara a far votare l’impeachement contro Mugabe; con il supporto delle opposizioni, il parlamento dovrebbe riuscire a raggiungere la maggioranza qualificata (2/3) necessaria per mettere fuori gioco il dittatore una volta per tutte. (MM)

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