Indonesia, ancora paura a Surabaya: nuovo attentato suicida, dieci feriti

Secondo attentato suicida a Surabaya, in Indonesia, nel giro di due giorni. Anche questa volta a farsi esplodere è stata un’intera famiglia, composta da due genitori con due figli piccoli. Nell’occasione sono rimaste ferite almeno dieci persone: sei civili e quattro poliziotti. Viva invece per miracolo la figlia più piccola della coppia attentatrice, una bimba di soli 8 anni. L’attacco si è verificato davanti a un commissariato di polizia. Come testimoniato dalle immagini dell’impianto di videosicurezza, a causare la deflagrazione sono state due moto-bomba avvicinatesi al posto di blocco all’ingresso della struttura. Non sono ancora giunte rivendicazioni.

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«È un atto codardo, indegno e disumano – ha detto il presidente indonesiano Joko Widodo – non ci sarà alcun compromesso nelle misure per combattere il fenomeno».

La situazione, in queste ore, resta quindi tesissima. Anche perché ieri, a poche ore dagli attentati alle chiese cristiane, tre membri di un’altra famiglia sospettata di terrorismo sono morti durante un blitz della polizia a causa dell’esplosione di un ordigno che stavano preparando nel loro appartamento. A riferirlo è stato il portavoce della polizia indonesiana, Frans Barung Mangera, precisando che una delle vittime era un caro amico del padre della famiglia colpevole degli attacchi alle chiese.

L’Indonesia, il Paese musulmano più popoloso al mondo, è impegnata da oltre quindici anni nel contrasto al terrorismo islamico. Era infatti l’ottobre del 2002 quando, a Bali, tre bombe causarono  la morte di 202 persone e il ferimento di altre 209. Da allora le autorità lanciarono un’imponente operazione anti-terrorismo che riuscì progressivamente a indebolire le capacità organizzative dei gruppi legati ad Al Qaeda. Negli ultimi anni sono però sorti nuovi gruppi fedeli all’Isis, la cui attività sembra essersi purtroppo intensificata nelle ultime settimane. Si tratta di un riflesso diretto dell’aumento di frange radicali  in un Paese in cui, al contrario, la maggioranza della popolazione segue interpretazioni moderate dell’Islam. (av)

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