Guerini rafforza l’impegno militare dell’Italia in Libia, Iraq e nel Sahel

Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, intervenuto davanti alle Commissioni Difesa congiunte di Senato e Camera, ha gettato le basi per il futuro degli impegni militari dell’Italia: riorganizzare l’assetto in Libia, confermare le missioni in Libano, Iraq e Afghanistan e incrementare la presenza nel Sahel e nello Stretto di Hormuz.

Il dossier libico

La crisi libica non è ancora terminata e impone all’Italia un nuovo orientamento strategico. Molto dipenderà dalla conferenza di Berlino attesa per il 19 gennaio. In caso di pace il nostro Paese potrebbe pensare a una rimodulazione degli sforzi militari, da intendere nell’ottica di un intervento internazionale congiunto volto a mantenere la stabilità.

Il ministro della Difesa Guerini sul coinvolgimento italiano nella vicenda libica si è così espresso: «É una questione fondamentale da affrontare al più presto. L’Italia è pronta a prendersi piene responsabilità e giocare un ruolo fondamentale in Libia, la cui stabilità non può però prescindere solo dall’impegno del nostro Paese».

Servirà sicuramente un aumento dei militari sul territorio. Guerini ha voluto rimarcare l’importanza dell’operazione Sophia, la missione internazionale per la sicurezza marittima attualmente congelata: «Le navi dell’operazioni Sophia devono tornare a svolgere il compito essenziale di porre un freno al continuo afflusso di armamenti a favore delle fazioni in lotta. Si dovrà prendere una decisione a fine marzo».

Non risultano per il momento minacce dirette al nostro contingente in Libia, dove nell’ambito della missione Miasit operano 240 militari. Senza dimenticare il supporto sanitario fornito all’ospedale di Misurata che ha già garantito oltre 24mila prestazioni sanitarie.

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha riferito in Senato che l’Italia non interverrà militarmente: «La Libia sovrana, unita e in pace resta la priorità assoluta per il nostro Paese».

Iraq, la Nato e la lotta all’ISIS

Discorso differente quello che riguarda le truppe in Iraq. Dopo il raid americano dei giorni scorsi che ha portato l’uccisione del generale iraniano Soleimani, alcuni militari italiani sono stati spostati poco lontani da Erbil, dove risiedeva in precedenza il nostro contingente.

Il trasferimento ha riguardato circa una cinquantina di carabinieri del reparto compound Union 3, ma non è prevista per loro nessuna ipotesi di ritiro e di ritorno in Italia. I nostri militari hanno addestrato oltre 75mila militari e agenti, come riportato da Guerini. La loro funzione continuerà ad essere quella di formare e addestrare il personale curdo e iracheno. Il ministro ritiene poi centrale in Iraq il ruolo dell’Alleanza Atlantica: «Ritengo che la Nato possa rappresentare la futura dimensione dell’intervento internazionale sul territorio iracheno, sostituendosi progressivamente alla coalizione come fatto in Afghanistan. Lo scopo finale rimane la lotta all’ISIS».

Guerini: «In Afghanistan non ridurremo le nostre truppe»

Inoltre, Guerini ha assicurato che un ulteriore riduzione di personale in Afghanistan non è ipotizzabile. Il rischio sarebbe quello di rinunciare al ruolo centrale che l’Italia riveste nell’operazione Nato. Andrà rivisto il piano strategico per salvaguardare gli interessi nazionali e rispondere agli obblighi internazionali in vista anche del decreto missioni del 2020.

L’instabilità nel Sahel e nello stretto di Hormuz

Il ministro ha concluso il suo intervento segnalando due aree che stanno vivendo un forte momento di instabilità e che potrebbero vedere in futuro un ruolo maggiore delle forze armate italiane: il Sahel e la regione dello stretto di Hormuz.

Nell’Africa sub-sahariana l’escalation della crisi si fa sempre più drammatica tra terrorismo jihadista e traffici illeciti, dalle armi alla droga.

«Intendiamo incrementare la nostra presenza nel Sahel. Il terrorismo di matrice confessionale ha degli effetti connessi fortemente allo scenario libico», ha dichiarato Guerini. L’ipotesi era già stata avallata in precedenza anche se complicata dalla necessità di coordinare le operazioni con la Francia e i suoi interessi, divergenti da quelli dell’Italia. Da Parigi sono sempre più forti però le richieste di supporto in una zona dove sono già presenti oltre 4.500 militari francesi.

Guerini ha infine affermato di voler incrementare la presenza italiana anche nello stretto di Hormuz, che rappresenta «un interesse strategico per la nostra economia». Anche qui probabilmente l’Italia dovrà sedersi allo stesso tavolo del Presidente francese Emmanuel Macron, che si è fatto promotore di iniziative di pattugliamento condiviso nella zona come quelle iniziate dagli Stati Uniti nello scorso giugno.

Nicolo Rubeis

Giornalista praticante con una forte passione per la politica, soprattutto se estera, per lo sport e per l'innovazione. Le sfide che attendono la nostra professione sono ardue ma la grande rivoluzione digitale ci impone riflessioni più ampie. Senza mai perdere di vista la qualità della scrittura e delle fonti.

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