Facebook perde utenti tra i giovani: Zuckerberg «sfigurato» su Wired USA

Mark Zuckerberg con ferite e lividi sulla copertina di Wired

Zuckerberg preso a botte, poco curato e con un cerotto al volto. Appare così il Ceo e fondatore di Facebook sulla copertina di Wired Usa. La rivista ha voluto pubblicare, tramite una palese provocazione, una foto che fosse metaforica del recente passato di Menlo Park. E’ tutto fuorché roseo, infatti, l’ultimo biennio del principale social network mondiale: carente controllo delle notizie, fake news e perdita massiccia di utenti che sembra non volersi arrestare.

La perdita di iscritti

Nel periodo in cui negli Usa viene sperimentato il tasto downvvote, un’inchiesta condotta da Wired, con dati forniti da eMarketer, rivela che Facebook piace davvero meno. Nel 2018 la piattaforma dovrebbe perdere circa 2 milioni di utenti tra gli under-24 dopo gli oltre 2,8 milioni persi nel solo 2017. Secondo le previsioni meno della metà degli americani tra i 12 e i 17 anni accederà al social per almeno una volta al mese: si tratterebbe della prima volta nella storia dalla nascita di Facebook. Le percentuali di calo delle iscrizioni sono del 9,3% per gli 11enni, del 5,6% tra i 12-17 anni e del 5,8% tra i 18 e i 24 anni. Ciò che dovrebbe preoccupare ancor più il fondatore del colosso statunitense, però, è la migrazione degli utenti: si prevede, infatti, che coloro che non utilizzeranno più Facebook non si sposteranno su Instagram, sempre di proprietà di Zuckerberg, ma su Snapchat: la piattaforma sarebbe pronta ad accogliere ben 1,9 milioni di giovani, 300mila in più di quelli destinati a sbarcare su Instagram.

Le accuse nell’ultimo biennio
Uno dei molti fotomontaggi nati in rete.

Al centro della bufera che ha coinvolto il colosso americano c’è il dibattito sulle fake news. La facilità, documentata più volte in tutto il mondo, di creazione di notizie false sotto falsa identità, ha reso la credibilità della piattaforma quasi nulla. Una delle ultime grandi battaglie che ha scatenato le ire popolari contro Facebook è legata alle elezioni statunitensi del 2016. Il cosiddetto Russiagate ha molto a che vedere con la creatura di Zuckerberg. Secondo molte accuse l’influenza russa sull’elettorato americano si sarebbe manifestata in buona parte tramite la diffusione su Facebook di notizie false e tendenziose con la potenzialità di orientare l’opinione pubblica.

Implicazioni

L’inchiesta di Wired Usa spazia infatti tra Russiagate e le modifiche dell’ultimo algoritmo della piattaforma: questo avviene tramite le interviste realizzate a 51 persone, fra cui ex e attuali dipendenti del social network. Le parole che hanno fatto crollare verticalmente la fiducia nel colosso sono, su tutte, quelle di Samidh Chakrabarti, responsabile per il civic engagement. L’uomo, riferendosi alla campagna presidenziale Usa, ha detto: «I social network possono mettere a rischio la democrazia, vorrei poter garantire che gli aspetti migliori avranno la meglio su quelli critici, ma non posso». Sul suo profilo Twitter le parole sono chiaramente più pacate e quasi smentiscono quelle delle dichiarazioni a Wired. Leggendo tra le righe, però, il messaggio non è dei più ottimistici.

«Credo che i social media siano una forza per il bene della democrazia. Ma, come tutte le tecnologie, non sono preimpostati per essere così. Questo è il motivo per cui dobbiamo adottare un approccio onesto e orientato alla ricerca, nella progettazione di questi sistemi (i social media). Se riusciremo a fare questo, potremo avviare un’età dell’oro nell’impegno civico».

Quella che è nata come piattaforma per mettere in contatto miliardi di persone, dando voce a ciascuna di loro, si è trasformata : se prima rappresentava uno degli strumenti di democrazia più rivoluzionari della nostra epoca, ora potrebbe essere diventata un’arma incontrollabile. Facebook, soprattutto in Italia, è corsa ai ripari: le collaborazioni con Pagella Politica, Agcom e il lanco di nuovi strumenti di fact-checking, come Security Megaphone e Facebook Elections, rappresentano passi avanti nel controllo delle fake news e, probabilmente, una presa di consapevolezza degli errori commessi in passato.

(fr)

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