Clima, dall’Europa alla Siberia tra percezione, scienza e informazione

Il mese di luglio è stato «il più caldo mai registrato a livello globale» (La Presse). Il 2019 è stato l’ennesimo anno infernale per il clima. Immagini schock giungono dalla Groenlandia, dove la colonnina di mercurio è arrivata in questi giorni a 22 gradi. Una temperatura elevata per i ghiacci che continuano a sciogliersi a una velocità di circa 10 miliardi di tonnellate al giorno.

L’ondata di calore che tra maggio e luglio ha investito il Nord Europa si è spostata ora in Groenlandia, mentre nella mite Siberia le fiamme hanno per ora inghiottito oltre tre milioni di ettari di foresta. A incendiare la terra, sempre più arida e brulla, ci hanno pensato le temperature: 10 gradi sopra la media. Tonnellate di anidride carbonica sono state rilasciate nell’atmosfera: una bomba ecologica silenziosa, ma non meno distruttiva.

Anche l’inverno è stato caratterizzato da diverse anomalie. Il Nord Italia, per esempio, tra gennaio e marzo ha subìto una forte siccità, con temperature miti e pochissime nevicate.

Un clima che in quasi tutti i Paesi del Nord Europa ha fatto registrare tre gradi in più rispetto alla media stagionale

La siccità invernale ha colpito duramente il Po e la Pianura Padana

A conti fatti, proprio come il 2018, anche il 2019 si sta dimostrando per gli scienziati un anno costellato da un’accentuata imprevedibilità climatica che non ha precedenti. Tra giugno e luglio in Germania il caldo elevato, con punte di 47 gradi, ha aperto delle crepe nell’asfalto. A Parigi le temperature hanno toccato i 42 gradi per più giorni. Per mesi in Inghilterra  la pioggia è stata un miraggio.

Considerando tutti questi eventi, è difficile limitarsi a scandire ogni volta la parola “record”. O pensare che questi siano solo fenomeni eccezionali. No. Sono la conferma che il clima è cambiato e che, ogni anno che passa, esso incide sempre più sulle nostre vite.

Tuttavia, da un continente a un altro, di fronte all’intensificarsi di eventi climatici estremi, la percezione delle gravi conseguenze provocate dal cambiamento climatico in atto è spesso caotica. Ambigua.

I rischi restano  sottovalutati, mentre il riscaldamento globale si trasforma in un terreno di scontro politico o economico.

Nel frattempo, alla terra restano otto anni. Forse undici, si legge su alcuni cartelli esposti dai giovani dei Friday’s for Future durante una delle tante manifestazioni di protesta in giro per il mondo.

Solo una manciata di tempo prima che si verifichi un ulteriore e irreversibile aumento della temperatura. Che non farà che aggravare le siccità, le inondazioni, gli incendi, la desertificazione, le ondate di calore e il pericoloso scioglimento dei ghiacciai artici.

In Groenlandia i ghiacciai si stanno sciogliendo più velocemente del previsto (foto National Geographic 2019)

L’impegno dei ricercatori, scienza e informazione

Gli scienziati studiano a fondo le recenti ondate di calore, tentando di appurarne con assoluta certezza le cause. Fenomeni ciclici e circoscritti in passato, oggi hanno assunto una portata mondiale. Con conseguenze sempre più devastanti nei diversi continenti.

Dopo una lunga serie di estati estremamente calde, quel che è successo in Francia il 26 giugno scorso (o per esempio in Olanda e in Germania) secondo i ricercatori è senza dubbio collegato al Global Warming. Il riscaldamento della terra alimenta temperature elevate. Estreme. E gli ultimissimi studi hanno dimostrato che la probabilità che si verifichino ondate di calore è cinque volte superiore a causa del cambiamento climatico.

In Francia, nel sud est, nella cittadina di Gallargues-le-Montueux il 28 giugno scorso la colonnina di mercurio ha toccato i 45,9 gradi. Ondate di calore come questa, improvvise, sono aumentate di 100 volte dall’inizio del Novecento.

Le agenzie meteorologiche dei Paesi europei si stanno convincendo della necessità di pubblicare in tempo reale i dati sui diversi fenomeni estremi che si verificano di anno in anno. Le stazioni meteorologiche tedesca ed europea (Copernico) stanno già predisponendo delle analisi climatiche di routine, al fine di condividerne subito i risultati.

È giunto il momento di fare informazione sui cambiamenti climatici. Friederike Otto lo sa bene. Ricercatrice del clima alla Oxford University ammette di aver parlato negli ultimi mesi quasi tutti i giorni con i giornalisti. «E’ pazzesco – dice – farlo sta diventando una parte sempre più importante del mio lavoro».

Dal 2010 a oggi le ondate di calore sono diventate una costante. Più intense e più prolungate, si spostano da un continente all’altro.

Dal 2004 al 2018, gli scienziati di tutto il mondo hanno pubblicato oltre 170 report su 190 eventi climatici estremi. Le ondate di calore hanno superato il 43%, seguite dalla siccità (18%), da temporali violenti e inondazioni (17%).

Quel che sta accadendo in Siberia e in Groenlandia non è nuovo. Nel 2016 nel Golfo dell’Alaska e nello Stretto di Bering  le alte temperature hanno danneggiato diversi ghiacciai.

Ora, sottolineano i ricercatori, non sempre sono chiare le cause di un particolare evento. Succede infatti che ci siano delle discrepanze nei risultati. Ma secondo Otto, l’anello di congiunzione tra eventi climatici estremi e climate change, sta nella frequenza e nella violenza dei singoli fenomeni.

Anche se non è sempre facile trasmettere il senso del lavoro degli scienziati – i giornalisti, ammette Otto, sono spesso confusi o reticenti – sono i dubbi sulla natura antropica del cambiamento climatico, alimentati dal negazionismo, l’ostacolo più grande. Mentre oggi più che mai occorrerebbe un’accurata attività di informazione e divulgazione sulle cause che alterano il clima e sui loro effetti. Per educare e rendere finalmente consapevole l’opinione pubblica.

@ChiaraColangel7 on Twitter

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