Brasile, Tsf: «Lula finirà in carcere e sconterà 12 anni per corruzione»

L’attesa è finita: Luiz Inácio Lula da Silva, l’ex presidente del Brasile, finirà in carcere. E’ stata così respinta la richiesta di habeas corpus presentata dal suo collegio difensivo. Richiesta che indica l’ordine emesso da un giudice di portare un prigioniero al proprio cospetto, per verificarne le condizioni personali ed evitare una detenzione senza concreti elementi di accusa. A decidere è stato il Tribunale Supremo Federale: oltre dieci le ore di riunione degli undici consiglieri che compongono il massimo organo giuridico del Brasile. Sei di loro si sono espressi contro la domanda e cinque si sono dichiarati favorevoli.

Ultima a votare è stata Carmen Lucia, presidente del Tsf, che ha segnato definitivamente la sconfitta di Lula. Ma ancor più decisivo, il voto di un altro magistrato, Rosa Weber, il cui giudizio si è fatto attendere fino all’ultimo. Ora l’ex presidente del Brasile dovrà scontare i 12 anni in appello a Porto Alegre, aumentati rispetto alla prima istanza che ne prevedeva nove. L’accusa è di corruzione passiva e riciclaggio.

Sebbene durante la giornata l’hashtag #LulaPresoAmanha (Lula in carcere domani) abbia dominato Twitter, è improbabile che l’ex presidente venga arrestato nelle prossime ore. I suoi avvocati possono prendere tempo fino al 10 aprile per presentare un ricorso contro la decisione del Tsf. Ciò non toglie che si tratta di un duro colpo per Lula, eletto nel 2002 con il più alto numero di voti della giovane storia democratica del Brasile. Non sta meglio il suo partito, il Pt, che si trova ora a dover cercare un nuovo e valido candidato per le presidenziali.  Eppure i suoi compagni continuano imperterriti a sostenere la sua innocenze, lanciando lo slogan: «Lula vale la lotta!». Si tratta di uno scenario che delinea pareri contrastanti;  da una parte coloro che ritengono Lula il simbolo della corruzione politica, dall’altra chi lo reputa un eroe popolare vittima di una cospirazione golpista. (cs)

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