Scozia, dottoresse dopo 150 anni. Italiana la prima donna laureata: chi era

Era il 18 novembre 1870 quando nell’aula di chirurgia dell’Università di Edimburgo una folla di studenti di sesso maschile si riunì in forma di protesta per impedire che sette studentesse, le prime donne iscritte in una facoltà di Medicina del Regno Unito, potessero sostenere l’esame di anatomia. Queste donne si chiamavano Sophia Jex-Blake, Isabel Thorne, Edith Pechey, Matilda Chaplin, Helen Evans, Mary Anderson ed Emily Bovell, note come “Le sette di Edimburgo”. Senza paura, quel giorno, le ragazze sostennero l’esame e conclusa la sessione furono scortate all’esterno dall’edificio da alcuni colleghi che invece le sostenevano.

Gli esami erano stati superati ma a causa del regnante maschilismo, l’istituzione si rifiutò di riconoscere loro la laurea e le sette studentesse non riuscirono mai a esercitare la professione. Di anni ne sono passati ma solo oggi, nel 2019, è stato conferito il diploma a queste prime donne laureate in medicina. L’idea è arrivata da un gruppo di studenti dell’università che, in occasione dei 150 anni dall’iscrizione delle ragazze, ha chiesto che venisse consegnata simbolicamente una laurea honoris causaalle attiviste. Sembra quasi un paradosso pensare che ci siano voluti così tanti anni per riconoscere a delle donne la fatica degli studi e la voglia di lavorare in campo così innovativo come la medicina, solo perché colpevoli del loro genere.

La prima lotta arrivò da una di loro, Sophia Jex-Blake, che dopo essere stata rifiutata da Harvard con il pretesto che nei dipartimenti non era prevista l’istruzione per le donne, tentò di andare in altri istituiti. Nel 1869 la sua candidatura fu approvata da Edimburgo e il quotidiano The Scotsman avviò una campagna per invitare altre donne a provare i test di ammissione. Furono superati dalle restanti sei, ma dopo l’iscrizione il tribunale dell’università le respinse.

Ci provarono comunque ma la loro carriera universitaria non fu per nulla semplice. Le sette ragazze dovettero pagare una retta più alta rispetto a quella dei colleghi maschi e visto che l’università non obbligava i docenti a insegnare alle donne si auto-organizzarono per seguire le lezioni.

La storia delle “sette di Edimburgo” ci ricorda che anche in Italia abbiamo avuto una prima donna laureata proprio in medicina. Era Elena Lucrezia Corner Piscopia.

LA PRIMA LAUREATA AL MONDO ERA ITALIANA

laurea

Quella che oggi è la sede del Municipio di Venezia un tempo era il palazzo di famiglia della prima donna laureata della storia. Elena Lucrezia Corner (o Cornaro, secondo una versione più recente) Piscopia nacque a Venezia nel 1646 da un’illustre famiglia patrizia.

Era figlia di una popolana e del nobile Giovanni Battista Cornaro, Procuratore di San Marco, la seconda carica più importante dopo quella di Doge, che avrebbe comprato la nobiltà per i figli maschi, chiedendo all’unica figlia femmina di laurearsi per dare lustro alla famiglia.

A 22 anni Elena conosceva greco, latino, francese, inglese, spagnolo ed ebraico. Sapeva dissertare abilmente in tutte queste lingue di matematica, filosofia e teologia, materia in cui avrebbe voluto laurearsi.

L’università di Padova era già pronta per la discussione accademica, ma Gregorio Barbarigo, vescovo di Padova, cancelliere di Ateneo destinato alla santificazione, riteneva intollerabile che una donna si laureasse, specialmente in teologia, il cui insegnamento era storicamente riservato agli uomini. San Paolo nella prima epistola a Timoteo scriveva: «Non permetto alla donna d’insegnare, né d’ usare autorità sul marito, ma stia in silenzio». Si arrivò a un compromesso: Elena si sarebbe laureata in filosofia a Padova il 25 giugno 1678. L’avvenimento fece clamore e secondo le fonti dell’epoca, circa 30 mila persone si radunarono per ascoltare la discussione.

La sua costituzione debole, costantemente messa alla prova da una vita dedita allo studio e alla preghiera la portò alla morte il 26 luglio 1684, all’età di trentotto anni. La nobildonna fu presto dimenticata e la sua tomba dispersa. A ricordarla a Padova una statua, una targa affissa nel Municipio di Venezia e poi ancora tre strade e una scuola elementare. Ma nessuna università.

L’Italia non ha solo il primato di una donna laureata: la seconda al mondo ad aver indossato la corona d’alloro è stata Laura Bassi Verati nel 1732 a Bologna. Storica naturale e medico è stata la prima docente universitaria di sesso femminile. La terza è Cristina Roccati che il 5 maggio 1751 si è laureata in Filosofia e Fisica a Bologna. Poi è stata la volta di Maria Pellegrina Amoretti che con la sua laurea in giurisprudenza nel 1777 ha chiuso il quartetto delle italiane.

I diritti delle donne nel mondo

L’emancipazione femminile e la lotta per il riconoscimento della parità di diritti ha seguito percorsi diversi in tutto il mondo. La Scozia che riconosce dopo più di un secolo il diploma in medicina a sette giovani iscritte all’Università di Edinburgo nel 1869 è comunque lo stesso Paese che prima di molti altri – Italia in testa – è rappresentato da un primo ministro donna, Nicola Ferguson Sturgeon. Ed è lo stesso paese parte di una Gran Bretagna retta negli anni ’80 dalla iron lady Margaret Thatcher e in questi anni post Brexit da Theresa May.

La lotta per il diritto allo studio e all’istruzione superiore non può che intrecciarsi nelle battaglie per gli altri diritti, come il voto. Se è vero che nell’Ottocento il primo Paese a riconoscerlo anche alle donne fu la Nuova Zelanda, nel 1893, è il Novecento il secolo che, decennio dopo decennio, allarga il corpo elettorale grazie alle lotte delle suffragette in Gran Bretagna e al maggior coinvolgimento delle donne all’interno della società. Complici in questo processo furono soprattutto i due conflitti mondiali che avevano spopolato città e territori dei tanti uomini spediti al fronte.

In Italia si dovrà attendere il secondo dopoguerra e il voto del 2 giugno 1946, quando anche le donne poterono scegliere i propri rappresentanti dell’Assemblea Costituente e la forma dello Stato Italiano nel referendum su repubblica o monarchia. Protagoniste della Resistenza, in 21 furono elette nel 1946 per contribuire alla stesur della Costituzione repubblicana: tra queste citiamo due tra le più note come Nilde Iotti e Angelina Merlin. A quest’ultima si deve l’omonima legge che nel 1958 abolì le case chiuse. Un tema che ancora oggi divide l’opinione pubblica – femminile in primis – tra chi condanna lo sfruttamento e chi invece suggerisce che la legalizzazione toglierebbe molte donne dalla strada.

Articolo a cura di Enrica Iacono, Giulia Diamanti e Alessandro Di Stefano

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